Il governo dà il via libera alle perforazioni: nei prossimi anni si raddoppierà il gas estratto dal sottosuolo italiano
Nel nuovo pacchetto di misure, il governo Meloni punta a un aumento delle estrazioni del gas in Italia. Contenute in un emendamento del Dl Aiuti ter, il neo-governo vede una soluzione concreta al caro bollette che grava sulle imprese. L’intenzione dell’esecutivo sarebbe di raddoppiare il gas estratto dal sottosuolo italiano dopo lo stop degli scorsi anni. Negli ultimi vent’anni, in Italia la produzione di gas naturale si è notevolmente ridotta, sia per l’assenza di investimenti in ricerca e produzione (da 15 bcm nel 2001 a 3 bcm nel 2021) che per il calo naturale dei giacimenti.
Una questione di numeri
Sono circa 1.298 i pozzi addetti alla produzione di gas nel paese. Secondo quanto indicato dal Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee (Pitesai), almeno 514 sono classificati come “eroganti”, mentre più di 750 come “non eroganti”. Attualmente si contano 138 piattaforme marine, tra queste, 94 sono entro le 12 miglia e circa il 40% risultano essere non operative.
Trivelle in Italia: un balletto normativo
Nel 2010, il governo Berlusconi mise un limite sullo sfruttamento dei giacimenti in mare, stabilendo le acque territoriali entro le 12 miglia. Ciò, a seguito dell’incidente avvenuto sulla piattaforma petrolifera di British Petroleum, nel Golfo del Messico, ove per oltre cento giorni si era assistito ad uno sversamento di petrolio in mare senza precedenti, insieme a barili di greggio che erano arrivati in Louisiana, Mississippi, Alabama e Florida.
Nel 2012, dopo la decisione del governo Monti di ridurre il limite a cinque miglia, le regioni più colpite decisero di indire un referendum che ridisponesse le misure “berlusconiane”. Arrivato Renzi al Governo, il premier decise di reintrodurre tali misure, ma l’unico quesito che venne accettato da parte della Corte Costituzionale e la Corte di Cassazione, fu quello riguardante la durata delle concessioni. Il governo Renzi decise quindi, che il divieto di sfruttare i giacimenti nelle acque territoriali non valesse per le piattaforme già in uso, bensì queste potevano essere pienamente utilizzate finché ci fossero stati gas e petrolio.
Il 17 aprile 2016, si tenne il referendum abrogativo per la norma sull’estensione temporale delle concessioni, fino all’esaurimento della vita utile dei rispettivi giacimenti (entro le 12 miglia). Nonostante l’85% dei votanti si espresse a favore di tale abrogazione, il quorum non fu raggiunto, poiché solo il 31% degli aventi diritto si erano presentati alle urne. Il referendum risultò quindi, un buco nell’acqua.