La riforma della separazione delle carriere dei magistrati ha compiuto il suo primo passo in avanti. L’Aula del Senato, dopo alcune difficoltà prima dell’inizio del voto, ha dato via libera all’articolo 2 del disegno di legge in discussione, introducendo quindi “le distinte carriere dei magistrati giudicanti e requirenti“.
Il testo votato infatti interviene sull’articolo 102 della Costituzione, precisando che le norme riguardanti la magistratura sono necessarie a creare una distinzione tra le due carriere. Si tratta dunque di uno dei punti principali della riforma auspicata dal governo e più volte difesa dal ministro della Giustizia, Carlo Nordio. Gli articoli 3 e 4 specificano il principio della separazione delle carriere e dei due Csm per le due magistrature, rappresentando quindi il cuore di questa riforma.
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Le proposte di modifica delle opposizioni, circa 1300, sono tutte state respinte dopo l’esecuzione del canguro, ovvero la procedura per cui il voto sugli emendamenti viene velocizzato organizzandoli in gruppi in cui vengono raccolti i più simili. Una procedura duramente osteggiata dalle opposizioni, che continuano a vedere nella riforma un pericolo per l’autonomia della magistratura.
“È naturale che si raggiunga un obiettivo promosso agli elettori dal governo“, ha commentato ieri il viceministro della Giustizia Francesco Paolo Sisto, chiarendo che la riforma votata oggi in Senato era presente nel programma con cui l’esecutivo è salito al governo e nutre quindi del benestare della popolazione italiana.
Separazione delle carriere, il muro duro delle opposizioni durante il voto
Ieri sono stati votati anche i primi due articoli della separazione delle carriere. L’analisi ha avuto inizio con il primo testo e il secondo, che attribuiscono al Presidente della Repubblica il compito di presiedere entrambi i Consigli superiori della magistratura, che verranno creati dalla riforma per rappresentare distintamente entrambe le carriere. Entrambi saranno poi coordinati da un’Alta Corte,
In Senato il percorso non è stato affatto semplice. I partiti di opposizione sono infatti intervenuti più volte nel corso delle votazioni per esprimere la loro contrarietà. Interventi che hanno ottenuto da parte della maggioranza il più semplice silenzio. “Con questo articolo voi state uccidendo l’unità della cultura della giurisdizione, che oggi unisce chi fa il pubblico ministero e chi giudica“, è stato dichiarato in uno degli interventi del centrosinistra.
Il muro contro muro è proseguito dunque senza interruzioni, proseguendo anche a seguito del voto. Anche questa mattina si sono verificati degli attriti. “Potete cangurare tutto ma non potrete mai cangurare la tutela dell’autonomia della magistratura“, aveva dichiarato ieri il senatore del Pd, Walter Verini. Poco dopo le 10, al momento dell’inizio del voto, è stato verificato che l’Assemblea non fosse composta da un’adeguato numero di votanti. La seduta è stata dunque rimandata per permetterne il raggiungimento del numero di senatori necessari.
Il testo è già stato approvato alla Camera dei deputati lo scorso 16 gennaio. Ora, quindi, con il via libera definitivo del Senato, il provvedimento inizierà da capo il suo percorso. La riforma della separazione delle carriere prevede infatti una modifica costituzionale, per cui il voto del Parlamento deve essere doppio: due volte a Palazzo Madama e due volte a Montecitorio.
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