Il Riarmo Ue spacca il Pd e Schlein riflette sull’ipotesi del congresso: “Serve chiarimento politico”

L'ipotesi principale al momento è che il Pd decida di procedere con un congresso. Lo strumento individuato dai detrattori di Schlein per modificare la leadership del partito potrebbe però trasformarsi in un'arma a doppio taglio

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Il Pd di Elly Schlein potrebbe aver mostrato pubblicamente la sua prima e tragica frattura. Il voto sul piano di riarmo europeo proposto da Ursula Von der Leyen ha creato una spaccatura significativa all’interno del partito, portando la delegazione democratica a Strasburgo a votare separatamente. Undici eurodeputati hanno deciso di astenersi, gli altri dieci hanno invece deciso di votare a favore.

Una rottura che porta il partito a indebolirsi agli occhi degli elettori e che ha permesso al Movimento 5 Stelle di annunciare con una certa soddisfazione di aver votato contro la proposta “in modo granitico e compatto“. Ora resta da capire in che modo questa divisione si rifletterà sulla leadership di Schlein e sulla tenuta del partito. Alla Camera e al Senato, più di qualche deputato democratico ha chiesto che il Pd apra una discussione, al fine di chiarire una volta per tutte qual è il posizionamento del partito in politica estera.

Il voto sul riarmo ha quindi portato alla luce un’enorme differenza tra il partito democratico e la coalizione di maggioranza. I tre partiti principali di centrodestra hanno votato diversamente l’uno dall’altro sulla risoluzione a difesa dell’Ucraina. FdI ha deciso di astenersi, per evitare ripercussioni sul rapporto con Trump, Forza Italia ha votato a favore e Lega ha votato contro. Messi con le spalle al muro, però, i tre partiti hanno difeso l’unitarietà della loro coalizione, chiarendo che nel prossimo futuro sarà possibile trovare una sintesi anche su questo argomento.

Schlein pronta per un congresso del Pd?

Serve un chiarimento politico. Le forme e i modi li valuteremo“, in poche parole Elly Schlein ha liquidato la polemica interna al partito, evidenziando di essere consapevole della situazione attuale e al contempo di non volerla affrontare pubblicamente e in tempi così brevi. La segretaria del Pd si è poi posta nelle condizioni di lasciare la palla nel campo di coloro che hanno deciso di non seguire la linea ufficiale del Nazareno. Sono i dieci eurodeputati ad aver votato a favore che dovranno chiarire la loro posizione.

Schlein ha ribadito i motivi della sua scelta, sottolineando che il piano Von der Leyen dovrebbe dirigersi verso la costruzione di una difesa comune europea e non con il riarmo dei singoli Paesi membri. Una posizione che ovviamente l’ha avvicinata al pacifismo del M5S, che ha apprezzato la scelta ma criticato la sua attuazione. “Ho apprezzato la presa di posizione personale di Schlein contro il piano di riarmo e dispiace che poi questa a Strasburgo si sia tradotta in un’astensione“, ha infatti dichiarato Giuseppe Conte.

L’ipotesi principale al momento è che il Pd decida di procedere con un congresso. Lo strumento individuato dai detrattori di Schlein per modificare la leadership del partito potrebbe però trasformarsi in un’arma a doppio taglio. Nonostante le divisioni interne al partito e alla fatica che Schlein sopporta per cercare di dare un’identità ai democratici, al momento non vi sarebbe un’alternativa adatta che possa prendere il posto della segretaria.

Proprio per questo c’è chi riflette sull’ipotesi che Schlein decida personalmente di convocare il congresso, così da rafforzare i suoi consensi e uscire nuovamente vittoriosa. Intanto, il prossimo ostacolo da affrontare e quello del voto sulla risoluzione del premier Meloni all’alba del prossimo Consiglio europeo. L’Italia dovrà prendere una posizione e il rischio è che il Pd in aula si spacchi nuovamente come a Strasburgo.

Le varie posizioni del Pd sul tema del riarmo europeo

La spaccatura del Pd ha visto per la prima volta il presidente del partito e leader della minoranza interna, Stefano Bonaccini, infrangere per la prima volta il rapporto di coesione e fiducia con la segretaria. La posizione inizialmente contraria degli 11 eurodeputati che si sono astenuti è stata smussata dalla segretaria, con l’obiettivo di non prendere una decisione che potesse risultare eccessivamente dura rispetto alle posizioni del gruppo dei socialisti europei.

Bonaccini, invece, ha deciso di rompere le righe, seguito da Antonio Decaro, Giorgio Gori, Elisabetta Gualmini, Giuseppe Lupo, Pierfrancesco Maran, Alessandra Moretti, Pina Picierno, Irene Tinagli e Raffaele Topo. Durissima nei confronti del comportamento di Schlein la deputata dem Lia Qartapelle, che ha ricordato che “un partito non può astenersi, deve dire dove sta, con chi sta, svolgere un ruolo di leadership“.

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Lia Quartapelle (Pd)

Sulla questione, però, la segretaria del Pd non ha ammesso alcun tipo di giudizio: “Si è votata una risoluzione con molti punti che condividiamo, ma che dava appoggio al piano proposto da Von der Leyen“, che secondo Schlein non contribuisce alla difesa comune ma rischia di ritardarla. La leader dem ha quindi chiarito che il piano deve essere modificato e che su questo tema il Pd non cambierà posizione. Il capodelegazione del Pd a Strasburgo, Nicola Zingaretti, ha poi tentato di minimizzare quanto accaduto, riconoscendo le diverse posizioni adottate dagli eurodeputati, ma ricordando che “nessuno ha votato contro la risoluzione“.

Le prime ipotesi per il congresso del Pd

Già da ieri, negli ambienti del partito ha iniziato ad aleggiare la possibilità di procedere con un congresso dei democratici che apra una discussione sul posizionamento internazionale del partito, ancora incerto ma sempre più necessario a definire l’identità e la credibilità del partito. Sembrerebbe, però, che il Pd fatichi a trovare una soluzione unica anche su questo tema. Nei giorni scorsi, l’ex senatore Luigi Zanda ne ha chiesto uno straordinario, mentre l’ex ministro Andrea Orlando ne ha invocato semmai uno tematico.

Nonostante le incertezze sul come e il quando, il partito sembra comunque consapevole della necessità di trovare una linea maestra, condivisa da tutti e che rafforzi l’unità e i consensi del partito. Ad indebolire la posizione di Schlein, però, pesano anche i giudizi degli ex premier Paolo Gentiloni e Romano Prodi, che si sono schierati a favore della risoluzione, parlando di un “primo passo” nei confronti della costruzione di un’efficiente difesa europea. Dura anche la vicepresidente dell’Europarlamento, Pina Picierno, nei confronti di Schlein: “L’atteggiamento di chiusura del gruppo dirigente porta a divisioni e spaccature“.

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Pina Picierno, vicepresidente dell’Europarlamento

Il voto a Strasburgo ha comunque portato al via libera alle risoluzioni. Ora l’Italia tutta e lo stesso Pd dovranno capire qual è la loro posizione in merito al riarmo, alla guerra e al sostegno all’Ucraina. Mentre il Presidente del Consiglio riflette sul possibile invio di soldati italiani a Kiev, la segretaria del Pd deve capire in che modo compattare il suo partito e potenzialmente la sua coalizione. In un momento complesso come quello attuale, in cui ogni decisione viene assunta con una certa velocità, le due leader italiane faticano a gestire i tempi e preferiscono adottare un iniziale immobilismo, per evitare di compiere strappi e soprattutto errori di valutazione.

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