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Il giudizio universale di Renzi su Referendum, Meloni e Schlein

In un'intervista rilasciata a La Stampa, il leader di Italia Viva si allinea d'ufficio a Ignazio La Russa sulla legittimità di astenersi al voto e nel mirino centra Elly Schlein, Maurizio Landini e tutti coloro che sostengono i 5 sì per la consultazione dell'8 e 9 giugno, definendo il referendum "un regalo a Meloni", visto e considerando che "lei è in difficoltà e loro pensano ad attaccare i governi del passato"

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Basta scaramucce sul passato“. Matteo Renzi è categorico e snocciola l’ormai “caso” del Referendum dell’8 e 9 giungo in varie questioni emerse in questi giorni dagli avanzatori della consultazione e dai protagonisti della scena politica intervenuti nel merito.

In conversazione con La Stampa, il senatore fiorentino scandisce la propria posizione nelle difese del Presidente del Senato, Ignazio La Russa, attaccato nei giorni scorsi dalle opposizioni per la sua palesata intenzione per portare all’astensione i cittadini al referendum. Nonostante lo consideri “inopportuno” su tutta la linea, il leader di Iv, afferma che “astenersi in un referendum è del tutto legittimo“, ricordando come cercare di non far raggiungere il quorum, è una mossa che tutti i partiti fanno e hanno fatto in passato, “nessuno escluso“.

E dopo aver chiarito la questione sugli insorti alle parole del “camerata Ignazio“, l’ex premier si è concesso qualche stoccata rivolgendosi ai suoi vicini di scranno, puntando la Segretaria del Pd, Elly Schlein. Nel definire questo referendum come “un regalo” fatto al Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, Renzi ha apostrofato le opposizioni che piuttosto che attaccarla mentre mostra, a detta del senatore, “i primi segni di difficoltà“, infieriscono sui “vecchi governi“. “E’ un paradosso“, tuona Renzi, vedere la “Cgil più interessata a litigare a sinistra, che non a mandare a casa la destra“, dove non mancherebbero spunti di contestazione.

Ma la Segretaria dem non si tira indietro nel ribadire che si deve sempre votare e rimarcando i suoi 5 sì, in segno di discontinuità con il passato del Pd, nonostante chi tra i dem all’epoca ha condiviso il Jobs Act si sarebbe già smarcato. Una situazione che La Stampa ha palesato in un’ambiguità del Pd. Il leader di Iv, nonché approvatore della riforma del diritto del lavoro del Jobs Act, si sarebbe quindi sentito preso in causa, considerando che i referendum in programma “vogliono abrogare norme dei governi Renzi, Gentiloni e Conte“.

Infatti, secondo il senatore bisognerebbe piuttosto evidenziare “un problema di credibilità” sollevato da tutti coloro che sono stati a favore della riforma del lavoro nel 2016 e che ora votano un referendum contro.

Renzi: “Meloni non è né carne né pesce”

Le difficoltà di Giorgia Meloni, alla quale non poteva non dedicare un affondo, riguarderebbero “ventisei mesi di produzione industriale negativa, stipendi e pensioni ferme, crescente numero delle famiglie alla Caritas“. Mentre, sul fronte estero, “è ancora più incapace“, in quanto, a detta di Renzi, avrebbe isolato l’Italia in Europa “cercando di abbracciare, non ricambiata, il Trump dei dazi“.

Serve una grande riflessione sul futuro più che una continua scaramuccia sul passato“, è un esempio alla politica che Renzi coglie dal Conclave, dopo aver espresso il proprio apprezzamento per Papa Leone XIV che “ha saputo tenere insieme i conservatori e l’eredità di Papa Francesco”. Oltre a riconoscere come Prevost “ci indica che oggi dobbiamo confrontarci sul rapporto tra cittadinanza, lavoro e intelligenza artificiale“.

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