Il referendum dell’8 e 9 giugno avrebbe fatto discutere meno se i cinque quesiti fossero effettivamente passati. Tra battibecchi, affondi e critiche, il centrodestra e il centrosinistra si sono dati battaglia, con l’unico obiettivo di dimostrare che la propria parte è quella che ha ragione. A pagare lo scotto più grave di questo contrasto è la stessa democrazia, svilita nei suoi assetti fondamentali e ridotta a mero strumento di controllo della popolazione.
Il nodo su cui maggioranza e opposizione si scontrano riguarda il quorum per i referendum abrogativi e la soglia di firme che sono necessarie a portare il referendum alle urne. Una sorta di riforma del voto, necessaria a bypassare l’enorme problematica dell’astensionismo, che in Italia ha ormai assunto numeri devastanti. Il vicepremier forzista, Antonio Tajani, ha affrontato l’argomento in un’intervista a Il Tempo, sottolineando il fallimento dei cinque quesiti su lavoro e cittadinanza e mettendo in luce lo spreco economico che l’esercizio del voto ha portato con sé.
Leggi Anche
Tajani: “I referendum non possono essere un capriccio”
“Abbiamo speso decine di milioni per mandare le schede in tutto il mondo, abbiamo dovuto inviare aerei di Stato perché in certi Paesi c’erano dei ritardi“, ha spiegato il ministro degli Esteri, chiarendo che tale sforzo si è rivelato inutile, visto il mancato raggiungimento del quorum. Senza tenere in considerazione l’appello all’astensionismo della sua stessa forza politica e non analizzando la difficoltà dei quesiti posti alla popolazione, il leader di Forza Italia imputa il disastro al tentativo del centrosinistra di “dare una spallata” al governo.
Tajani ha quindi criticato l’assetto politico che ha portato al voto, sottolineando che “i referendum non possono essere un capriccio per creare soltanto problemi al governo per regolare i conti interni alla sinistra“, ha spiegato, aggiungendo che “deve essere una cosa seria, per cui è necessario aumentare il numero di firme necessarie“. Il disegno di legge su cui il partito sta lavorando prevede l’aumento del numero di firme dalle 500mila attuali al milione, così da rendere i referendum uno strumento democratico realmente efficace.
Partito democratico: “Attacco alla partecipazione democratica”
“Abbiamo voluto agire con tempestività e aprire a una rapida decisione“, ha spiegato il senatore Maurizio Gasparri, annunciando una decisione che le opposizioni hanno interpretato come un segnale di pericolo e un “attacco alla partecipazione democratica“. Le opposizioni hanno infetti riconosciuto la necessità di apportare un cambiamento alla raccolta delle firme, ipotizzando un aumento fino a 800mila consensi, ma accompagnato da una revisione del quorum.
La soglia minima dei votanti non dovrebbe più essere del 50% +1, ma dovrebbe essere commisurata all’ultima percentuale di votanti che si è presentata alle urne per il rinnovo della Camera. Il ragionamento sarebbe quello di avere più richiedenti per poter convocare gli elettori, ma meno votanti per approvare i quesiti.
Si riflette, inoltre, su come portare in Parlamento una riforma simile. La maggioranza starebbe valutando l’utilizzo della riforma del premierato, in quanto è necessaria una riforma costituzionale per cambiare le regole del referendum abrogativo, fissate dall’articolo 75 della Costituzionale.
© Riproduzione riservata