Il referendum su lavoro e cittadinanza ha fallito. Con l’affluenza ferma al 30%, ben al di sotto del 50% +1 necessario a renderlo applicabile, la Cgil e il centrosinistra incassano la sconfitta, colpiti non solo dalla consapevolezza di non aver raggiunto l’obiettivo ma anche dalle critiche di un centrodestra soddisfatto che l’appello all’astensionismo abbia funzionato.
In un Paese come l’Italia, in cui le percentuali di disaffezione al voto sono crescenti in maniera inquietante, la maggioranza è riuscita a sfruttare a proprio vantaggio quello che per molti dovrebbe essere un campanello d’allarme. Il primo a finire sotto i colpi del fuoco incrociato di destra e sinistra è stato proprio Maurizio Landini, segretario della Cgil. Il volto dei sindacalisti è stato invitato a lasciare il suo posto in vista della sconfitta, ma l’appello di alcune figure del centrodestra è andato a vuoto.
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“Lasciare il sindacato? Non ci penso neanche lontanamente“, ha infatti dichiarato nel corso di una conferenza stampa presso il Centro congresso Frentani, sede del comitato promotore del referendum. Il segretario ha infatti voluto chiarire che i quattro quesiti sul lavoro non sono stati presentati con l’obiettivo di affossare il governo Meloni, in quanto “l’obiettivo del referendum non era politico“.
Allo stesso modo, però, il segretario della Cgil non ha potuto evitare di ammettere che “l’obiettivo del quorum non è stato raggiunto, per cui oggi non è una giornata di vittoria“. Landini ha però voluto mettere in luce un aspetto che non vorrebbe fosse trascurato: “Alcuni esponenti del governo hanno chiesto di non andare a votare, non stanno mettendo in discussione la Cgil, in gioco c’è la democrazia del Paese“.
Schlein e Conte: “Alle urne più elettori di quelli che hanno votato il governo Meloni”
Elly Schlein e Giuseppe Conte non si sono lasciati scoraggiare dal risultato del referendum su lavoro e cittadinanza. La segretaria del Pd ha sostenuto che la differenza principale tra maggioranza e opposizione è che i primi sono soddisfatti che gli elettori non siano andati a votare, mentre i secondo sono orgogliosi dei 14 milioni di cittadini che si sono recati alle urne per esprimere le propria preferenza. “Ne riparliamo alle politiche“, ha avvertito Schlein, sottolineando che i cinque quesiti hanno portato ai seggi “più elettori di quelli che hanno votato la destra mandando Meloni al governo nel 2022“.
Il volto dei democratici ha poi sottolineato come il suo partito sia intenzionato a portare avanti l’impegno al fianco di coloro che vogliono ridurre la precarietà e rendere quindi l’Italia “più giusta“, in quanto motivano le opposizioni ancora di più nel loro intento di costruire un’alternativa alla maggioranza. “Quando più gente di quella che ti ha votato ti chiede di cambiare una legge dovresti riflettere invece che deriderla“, ha poi concluso, affondando contro l’esecutivo.
Un discorso piuttosto allineato a quello di Giuseppe Conte, leader del Movimento 5 Stelle, che ha chiesto al centrodestra di “portare rispetto” ai milioni di cittadini che hanno deciso d votare. Il leader pentastellato ha voluto evidenziare che il grido dei 12 milioni di italiani che hanno chiesto maggiori tutele nel mondo del lavoro non può essere ignorato, per cui il suo partito si impegnerà a portare questa lotta in Parlamento, affinché possa essere finalmente esaudita.
Conte ha poi spiegato di ritenere che lo strumento del quorum debba essere rivisto alla luce dell’astensionismo vigente nel nostro Paese. “Bisogna premiare la partecipazione, la scelta“, ha spiegato, per poi aggiungere: “Va fatto soprattutto in un contesto in cui poteri con gran parte dell’informazione in mano inquinano le acque, in cui pochissimi decidono per tutti“.
Anche Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni hanno espresso un’opinione simile, ricordando che circa 13 milioni di cittadini sui 15 milioni al voto hanno mandato “un messaggio forte e chiaro, più forte persino del consenso che oggi regge Giorgia Meloni a Palazzo Chigi“. Secondo i due leader di Avs, quindi, proprio da questa partecipazione politica è necessario ripartire per costruire un’alternativa che possa vincere alle prossime elezioni politiche.
Referendum, la reazione del centrosinistra
I dati che provengono dalle urne hanno comunque dimostrato, come sottolineato da Landini, che in Italia 14 milioni di cittadini hanno deciso di esprimere la loro scelta, per cui “i problemi posti dal referendum rimangono sul tavolo“. Al momento, a poco più di due ore dalla chiusura dei seggi, il primo leader del centrosinistra che ha deciso di esprimersi su quanto accaduto è Riccardo Magi, segretario di +Europa, che ha sottolineato con parole durissime come “il quorum sia divenuto un ostacolo alla democrazia“. Alla luce di questa consapevolezza, una delle nuove priorità del suo partito sarà proprio quella di lottare per portare alla sua abolizione.
Rispondendo poi ad una critica giunta dal leader di Forza Italia, Antonio Tajani, Magi ha sostenuto che le critiche sui costi del voto sono “vergognose” e non equivalenti allo “scandalo dei centri in Albania che sono costati un multiplo del referendum“. Il segretario ha poi voluto ricordare che in questa votazione hanno espresso i loro “sì” una parte dell’elettorato maggiore di quella che in questo momento legittima l’attuale governo.
Sul caso si è poi espresso Matteo Renzi, che ha voluto sottolineare come il referendum sia fallito per i contenuti non abbastanza attuali. “I quesiti sul lavoro erano ideologici e rivolti al passato“, ha infatti spiegato, per poi aggiungere: “Spero che sia chiaro che per costruire un centrosinistra vincente bisogna parlare di futuro, non di passato“. Carlo Calenda, leader di Azione, ha invece sottolineato che “pensare di dare una spallata a Meloni attraverso un referendum p una cosa particolarmente stupida“, aggiungendo poi che questo non era lo spirito con cui erano stati proposti i cinque quesiti.
Referendum, l’urlo di vittoria del centrodestra
La reazione del centrodestra non si è ovviamente fatta attendere, con affondi e critiche nei confronti dei promotori del referendum e di tutti coloro che dal punto di vista della maggioranza avrebbero tentato di indebolire il governo Meloni. “Anziché fare un congresso, hanno pensato di far spendere milioni allo Stato per vedere se aveva ragione la Schlein o i suoi oppositori; e credo che gli altri hanno tentato di fare un referendum contro il Governo. Hanno perso gli uni e gli altri“, ha sottolineato durissimo Ignazio La Russa, presidente del Senato, tra i primi ad esortare i cittadini a non andare a votare.
Durissimo anche il leader di Noi Moderati, Maurizio Lupi, che ha accusato il centrosinistra di aver voluto politicizzare i cinque quesiti, per poi aggiungere che il dato clamoroso di oggi rappresenta “una sconfitta sia per Landini che per Schlein“. Donzelli, responsabile organizzativo di FdI, si è detto soddisfatto dell’esito del referendum, sottolineando come i suoi fautori abbiano “tentato una spallata al governo Meloni e per l’ennesima volta si sono slogati la spalla“.
Antonio Tajani, leader di Forza Italia, ha invece sostenuto che questo risultato potrebbe essere la prova della necessitò di una nuova normativa riguardante la legge per la raccolta firme del referendum. Secondo il forzista, in futuro dovrà essere alzato il numero di consensi per accedere alle votazioni, onde evitare che si spendano milioni di euro per organizzare un voto che non porta a nulla. Una visione allineata con quella di Roberto Vannacci, eurodeputato della Lega, che si è chiesto: “Chi chiederà scusa per aver sperperato fondi che avrebbero potuto essere spesi in sicurezza, sanità, scuola, lavoro, difesa delle piccole imprese, difesa delle frontiere e rimpatri?“.
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