Referendum: come funziona e cosa chiedono i 5 quesiti

L'8 e il 9 giugno c'è il referendum: gli italiani si recheranno alle urne per scegliere se votare sì o no a 5 quesiti su tema lavoro e cittadinanza

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L’8 e il 9 giugno gli italiani saranno chiamati a recarsi alle urne in occasione del referendum. Sono 5 i quesiti su cui gli italiani dovranno dare la propria preferenza. Ma il risultato verrà preso in considerazione solo se avverrà il raggiungimento del quorum: ovvero se si recheranno alle urne il 50% +1 degli elettori. Sarà possibile andare a votare dalle 7 alle 23 di domenica 8 giugno e dalle 7 alle 15 di lunedì 9 giugno.

I quesiti sono abrogativi: gli italiani dovranno decidere se abrogare o meno 5 leggi sul tema cittadinanza e lavoro, in ballo c’è anche il Jobs Act. I cinque quesiti sono stati promossi da un ampio schieramento di forze politiche. Il Comitato per i Referendum sul Lavoro 2025, guidato da Maurizio Landini della Cgil, ha raccolto oltre 4 milioni di firme per i primi quattro quesiti. Il Comitato promotore del referendum sulla cittadinanza, invece, è stato composto da +Europa, Possibile, Partito Socialista Italiano, Radicali Italiani, Rifondazione Comunista e numerose associazioni, ed ha raccolto più di 637 mila firme.

Ogni elettore potrà decidere se barrare il sì o no per ciascun quesito.

I 5 quesiti del referendum:

  1. Si chiede la cancellazione della disciplina, entrata in vigore nel 2015 con il Jobs act (dlgs 23/2015), introdotto dal governo Renzi, sui licenziamenti dei contratto. La norma attualmente in atto stabilisce che nelle imprese con più di 15 dipendenti e, per coloro che sono stati assunti dopo il 7 marzo 2015, in caso di licenziamento illegittimo, non sia previsto il reintegro nel posto di lavoro. Stando al Jobs Act il reintegro in azienda è un’eccezione, ma ciò che viene fatto è un risarcimento economico che cambia in base agli anni di servizio. Nel caso in cui vincesse il no la legge rimarrebbe invariata; in caso contrario per il lavoratore licenziato in maniera illegittima si apre la possibilità di essere di nuovo assunto.
  2. Si chiedono più tutele per le lavoratrici e i lavoratori delle piccole imprese. In particolare si chiede la cancellazione del tetto all’indennità di licenziamento nelle imprese con meno di 16 dipendenti. Ovvero lo scopo sarebbe quello di annullare il limite massimo di 6 mensilità in caso di licenziamento illeggittimo. Se vincesse il no la legge rimarrebbe invariata, altrimenti l’idennità cambierebbe caso per caso, in base ai vari parametri.
  3. Si punta a modificare alcune norme sui contratti a tempo determinato. La modifica sta nell’indicare la causale nei contratti a tempo determinato fino a 12 mesi. Ad oggi i datori di lavoro non hanno l’obbligo di specificare le motivazioni. Dunque se vincesse il no la legge rimarrebbe invariata, invece se vincesse il sì verrebbe inserita d’obbligo questa clausola.
  4. Si interviene in materia di salute e sicurezza sul lavoro e riguarda il cosiddetto Testo unico del 2008. Si chiede di modificare le norme attuali che impediscono di estendere la responsabilità all’impresa in caso di infortunio sul lavoro. Se vincesse il no la norma rimarrebbe invariata; invece se vincesse il sì cambierebbe la responsabilità in questi casi particolari ma molto frequenti.
  5. Si chiede che la cittadinanza italiana per i cittadini extra-comunitari maggiorenni possa essere richiesta dopo 5 anni di permanenza in Italia, anziché 10. Ma restano intatti gli altri doveri: superare la prova di lingua, avere un reddito superiore a 8.000 euro, non avere condanne per reati, aver pagato le imposte dovute, disporre di una situazione che non crei pericolo per l’ordine pubblico. Se vincesse il no rimarrebbero 10 gli anni di attesa per coloro che vogliono diventare cittadini italiani; se vincesse il sì si dimezzerebbero.

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