A fare da sponda gli articoli 21, 14 e 18 del regolamento di Bruxelles. Lussemburgo impavido, il Portogallo posticipa. Per Roma “capitolo” povero
Il cavallo di Troia si chiama RepowerEu, ovvero il programma lanciato dalla Commissione per gli investimenti energetici con l’obiettivo di una Unione europea autonoma dalla Russia e soprattutto, più sostenibile. È in questo piano che, alla fine, potrebbero convergere aggiornamenti e modifiche ai Pnrr dei Paesi membri. Anche perché, a Bruxelles, il tema c’è e non è solo italiano. Secondo fonti vicine al dossier sono una decina i Paesi che finora hanno espresso più o meno in maniera esplicita la volontà di cambiare i loro piani.
Modifiche Pnrr: gli articoli 21, 14 e 18 fanno da sponda
Il regolamento sul Next Generation Ue non esclude modifiche in corso ai Pnrr dei Paesi membri, e gli articoli a fare da sponda sono 3: l’articolo 21 prevede che il Piano di uno Stato membro possa essere cambiato o perfino resettato se sono sopraggiunte “circostanze oggettive” che rendono necessaria l’iniziativa. Spetta alla Commissione, e successivamente al Consiglio, giudicare se tali circostanze esistano o meno. Di fatto si apre un nuovo negoziato, che per la sua delicatezza, nei corridoi di Palazzo Berlaymont è stato spesso sconsigliato. Ma, d’altra parte, un dato oggettivo c’è: il Next Generation è stato forgiato ben prima della guerra in Ucraina, della crisi energetica e, soprattutto, dell’impennata dei costi delle materie prime.
C’è poi l’articolo 14, secondo il quale i prestiti ex Recovery and Resilience Facility sono erogabili entro il 31 dicembre 2023. Chi non li ha ancora chiesti tutti (come invece è accaduto per l’Italia) può fare domanda per un supplemento. La Spagna, primo Paese a cui sono stati assegnati i finanziamenti dall’Ue, ha già cominciato una trattativa per avere una nuova iniezione di 96 miliardi.
Infine ci sono i Paesi che, sulla base dell’articolo 18, si sono visti tagliare i fondi dopo il ricalcolo del Pil previsto dal regolamento Ue. I Paesi dell’Est, innanzitutto, ma anche la Germania, che ha perso circa due miliardi. La questione, a Bruxelles, è ancora sottotraccia ma è destinata a emergere con prepotenza.
Lussemburgo impavido, il Portogallo posticipa. E l’Italia?
L’unico Stato ad avere presentato ufficialmente domanda di modifica del suo piano è il Lussemburgo. Il Portogallo, invece, ha avanzato una richiesta che potrebbe essere condivisa anche dall’Italia: posticipare la scadenza finale del 31 dicembre 2026, fattore che per le capitali in ritardo nella messa in campo degli investimenti permetterebbe di poter evitare di perdere parzialmente i fondi.
L’Italia, essendo il Paese con il maggior numero di miliardi accordati da Bruxelles, è monitorata con particolare accuratezza anche dai Paesi frugali, sempre sensibili al dispendio di fondi comuni. L’Ue, se si trovasse di fronte al moltiplicarsi delle richieste, potrebbe decidere di far convergere aggiornamenti, implementazioni e modifiche nel capitolo aggiuntivo che, con il RePower, ogni Paese potrà apportare al suo Pnrr.
Capitolo “povero” per l’Italia
È un capitolo dedicato tutto agli investimenti energetici e finora piuttosto ‘povero’, per l’Italia, che può contare solo su 2,7 miliardi provenienti dal sistema Ets. Ulteriori 4 miliardi potrebbero arrivare se l’Ue, come sembra probabile, darà luce verde al riutilizzo dei fondi di coesione (40 miliardi in totale) non utilizzati nel settennato 2014-2020.
La partita del Repower è aperta
La Commissione ha più volte ribadito che sulle riforme permetterà una discrezionalità vicina allo zero. Ma la partita nella trattativa sul Repower è aperta. E ha un’appendice improbabile ma non impossibile: l’aggiunta di un fondo ad hoc per la crisi energetica