Antonio Guidi, ex ministro per la Famiglia e oggi candidato per Fratelli d’Italia, al convegno “Vita indipendente” organizzato a Terni
«Non possiamo continuare a dare soldi a chi non vuole lavorare, mentre chi è realmente in difficoltà deve accontentarsi. Bisogna smettere di pensare alle persone con disabilità a persone solamente da assistere, bisogna pensarle come parte attiva della società, come sono». Parte da questo assunto l’intervento di Antonio Guidi, ministro per la Famiglia nel primo governo Berlusconi e oggi responsabile nazionale del dipartimento Equità sociale e disabilità di Fratelli d’Italia. Guidi è intervenuto al congresso organizzato a Terni dal partito di Giorgia Meloni, dal titolo “Vita indipendente – Criticità e prospettive per il futuro delle persone con disabilità”. Al tavolo gli altri candidati di Fdi alle prossime elezioni, ossia Marco Squarta, Eleonora Pace e Franco Zaffini, con Marco Cecconi, coordinatore comunale, a moderare.
La candidatura e i progetti
«Ho accettato la candidatura di Fratelli d’Italia – spiega Guidi ai microfoni del Difforme al termine dell’incontro – per aumentare la possibilità di difendere le persone con disabilità, le persone sole e quelle che sono rimaste indietro, impoverite magari dalla pandemia. Credo di avere la possibilità di farlo, vista la mia esperienza. Voglio mettermi al servizio di chi è rimasto indietro».
Il Reddito di Cittadinanza: le ricette
E in questi giorni di campagna elettorale si discute da più parti sul reddito di cittadinanza: misura che qualcuno vuole rafforzare (il Movimento Cinque Stelle), qualcuno vuole rivedere (come le forze di centrosinistra) e altri vogliono abolirlo. «Non si può continuare – spiega Guidi – a dare soldi a chi non vuole lavorare. Da questo punto di vista la nostra posizione è chiara: noi vogliamo pensare ad ammortizzatori sociali e a misure che siano più eque e che diano la possibilità, a chi ha veramente bisogno di un sussidio, di poter avere un punto di riferimento. Servono politiche che favoriscano l’inserimento professionale dei singoli, o anche il reinserimento, ovviamente, anche in considerazione di tutti i problemi occupazionali creati dalla pandemia. In questo modo si avranno a disposizioni maggiori risorse che potranno essere utilizzate per le persone con disabilità, per i ragazzi, le ragazze e per le famiglie. Il nostro obiettivo è che si cambi paradigma: le persone con disabilità non possono essere viste dalla società soltanto come una parte da assistere, a cui riservare assistenza, ma devono invece avere tutti gli strumenti per essere parte attiva della stessa società».