Lo scorso 27 giugno, l’Ufficio del Massimario della Cassazione ha bocciato il decreto legge sulla sicurezza, ovvero il provvedimento fortemente voluto dal governo che si pone l’obiettivo di rafforzare la salvaguardia del Paese, aumentando le pene e le sanzioni per chi delinque. Una decisione su cui il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, nutre alcuni dubbi come si evince da quanto dichiarato a La Stampa: “Non ho avuto tempo di leggere la relazione ma, da come è stata diffusa, mi sembra un esercizio connotato da una forte impostazione ideologica più che da considerazioni di puro diritto“.
Il titolare del Viminale ha poi sottolineato di avere difficoltà ad individuare le incompatibilità individuate nel decreto legge con la Costituzione italiana. Secondo Piantedosi si tratta infatti di norme realizzate per proteggere i cittadini e le forze dell’ordine dalla violenza, così come tutelare le persone che “hanno la necessità o l’urgenza di recarsi in ospedale o al lavoro“. Sulla decisione di decretare il provvedimento come urgente, non riconosciuta dal Massimario della Cassazione, il ministro ha evidenziato che il giudizio sulla legittimità costituzionale non spetta solamente al Massimario.
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“Al contrario, avrei temuto di vivere in un Paese che ha perduto i fondamentali equilibri costituzionali tra i poteri“, ha aggiunto, osservando che, nel momento in cui queste stesse osservazioni dovessero essere sollevate in procedimenti giudiziari, allora “saranno ben altre le valutazioni che verranno espresse“.
La sentenza del Massimario della Cassazione
Il Massimario della Cassazione ha sostenuto di non ritenere valida la decretazione di urgenza del dl Sicurezza perché non sarebbero presenti nuove circostanze che siano realmente riconducibili a “casi straordinari“. Il testo è infatti ricalcato su quello di un disegno di legge che è in discussione da mesi in Parlamento.
Dal punto di vista costituzionale, la relazione sottolinea una presunta violazione del principio di proporzionalità, della tassatività della norma penale, della personalizzazione della pena, del principio di offensività. Secondo questi principi, l’imputato può essere punito solamente se lede un bene giuridico. Per quanto riguardai i nuovi reati di rivolta carceraria e resistenza passiva, le aggravanti previste per manifestazioni e reati e per l’occupazione delle case, il Massimario ha individuato dei profili di criticità. Problemi anche con gli articoli riguardanti la lotta antimafia e in materia di misure di prevenzione, che secondo la relazione potrebbero entrare in contrasto con la Carta Costituzionale.
Le risposte di Piantedosi alle presunte criticità
Nel corso dell’intervista con La Stampa, il titolare del Viminale ha tentato di spiegare il suo punto di vista su alcune delle fattispecie presenti all’interno del dl Sicurezza. Sulla norma che consente agli agenti sotto copertura di dirigere associazioni eversive senza incorrere in responsabilità penale, Piantedosi ha dichiarato di non ritenere possibile un ritorno ai pericoli del passato.
Inoltre, secondo il ministro, deve essere sempre tenuta a mente la capacità e l’integrità delle forze dell’ordine italiane che “hanno evitato al Paese attentati terroristici e derive eversive“. In questo senso, il responsabile degli Affari Interni, ha sostenuto di avere piena fiducia nei loro confronti, ponendo l’attenzione invece sui pericoli rappresentati dalle “organizzazioni veramente eversive e terroristiche che questa norma vuole contribuire a combattere“.
Sulla detenzione per le madri incinta o con figli sotto l’anno di età, Piantedosi ha ricordato che al giudice è affidato il compito di valutare caso per caso le situazioni, secondo parametri che tengano conto delle esigenze di protezione del minore. “Mi sfugge quale principio costituzionale violerebbe“, ha tuonato.
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