Nato, Rutte chiede aumento del 400% sulla difesa aerea: giovedì il faccia a faccia con Meloni

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Il segretario generale della Nato, Mark Rutte, è convinto che l’Alleanza atlantica non possa continuare ad attendere che la Russia porti avanti i suoi piani, senza neanche provare a contrastarli. Così, a pochi giorni dall’incontro con Giorgia Meloni a Palazzo Chigi e a poche settimane dal vertice del 24 e 25 giugno con i leader euroatlantici, Rutte annuncia la necessità di “aumentare del 400$ la capacità di difesa aerea e missilistica in risposta alla minaccia russa“.

Oggi pomeriggio, il segretario generale è atteso alla Chatham House di Londra, a seguito dell’incontro a Downing Street con il premier britannico, Keir Starmer. Nel corso di questo vertice è possibile che il leader dell’Alleanza atlantica approfondisca ancora di più questi argomenti, esortando i Paesi membri a mettersi in moto affinché gli arsenali vengano rinforzati e svecchiati. “Vediamo in Ucraina come la Russia lanci il terrore dall’alto, quindi rafforzeremo lo scudo che protegge i nostri cieli“, ha spiegato l’ex premier olandese, aggiungendo che la Nato deve entrare al più presto nell’ottica che il pericolo non scomparirà magicamente con la fine della guerra in Ucraina.

L’Occidente deve riarmarsi e deve farlo nella consapevolezza che le minacce provengono anche dai Paesi più vicini. La presenza della Russia e la dimostrazione della potenza della sua forza militare dovrebbero essere uno sprono a cercare di migliorarsi, a mettere al sicuro la popolazione. Il modo migliore, secondo Mark Rutte, è proprio quello di realizzare nuovi veicoli corazzati, carri armati e milioni di proiettili di artiglieria in più.

Nato, il faccia a faccia tra Mark Rutte e Giorgia Meloni

Se il confronto tra Mark Rutte e Keir Starmer potrebbe essere mitigato dalle intenzioni di Londra di migliorare i propri arsenali, in Italia la situazione è ben più complessa. Giorgia Meloni da oggi a giovedì, giorno del vertice con il segretario della Nato, non avrà impegni, proprio per focalizzarsi insieme ai suoi collaboratori per il faccia faccia.

I due si incontreranno per allinearsi in vista del vertice Nato all’Aia che si svolgerà i prossimi 24 e 25 giugno, quando sarà formalizzato il nuovo impegno per le spese militari, necessario ad accontentare le richieste del presidente Usa, Donald Trump. La richiesta in riferimento al Pil, secondo quanto si apprende, è del 3,5% in investimenti per le armi e dell’1,5% per la Sicurezza. Un obiettivo che per l’Italia potrebbe essere ostico, visto il raggiungimento del 2% richiesto che l’Italia ha ottemperato solo alcune settimane fa senza però fare nuovi investimenti nel settore della Difesa, ma solo conteggiando diversamente alcune voci di spesa, ad esempio nel campo della guardia costiera e dei servizi meteorologici.

Il nuovo obiettivo, però, non sarà così semplice da raggiungere. Lo stesso ministro della Difesa, Guido Crosetto, ha spiegato il 5% del Pil per la Difesa corrisponde ad una spesa pari a 70 miliardi, che costringerebbe l’Italia a mettere in campo risorse che non sono effettivamente disponibili. L’unica trattativa possibile, però, sembra riguardare le tempistiche con cui raggiungere questo target. Il nostro Paese punta a chiedere un impegno pari a 10 anni, ovvero fino al 2035, quando Giorgia Meloni potrebbe aver finito anche il secondo mandato.

Così come l’Italia, anche Regno Unito, Spagna e Lussemburgo puntano ad un lavoro decennale, mentre Francia e Germania sono allineate al piano Nato, che prevede l’ultimatum per le spese al 2032. I Baltici parteggiano addirittura per il 2030. Oltre a questa sfida, c’è quella degli sherpa italiani che, in occasione del vertice dell’Aia, dovranno contrattare sui parametri delle nuove spese, per cercare di ottenere la maggiore flessibilità possibile, che renda per l’Italia l’obiettivo del 5% del Pil effettivamente raggiungibile.

Nato, le fibrillazioni nel centrodestra e nel centrosinistra

Oltre all’incontro con Rutte, Giorgia Meloni deve pensare anche alle reazioni all’interno della politica italiana. Oltre alla contrarietà delle opposizioni, il premier deve prestare una certa attenzione alla spinta pacifista della Lega di Matteo Salvini, che si è detta contraria a qualunque tipo di aumento della spesa per il riarmo.

Il M5S resta fermo nella sua posizione pacifista, accusando il governo di voler abbandonare la diplomazia e adottare le armi per porre fine al conflitto in Ucraina. Più ambigua, invece, la posizione del Partito democratico di Elly Schlein, che da mesi continua una lotta interna sul tema. Prima o poi, la segretaria dovrà però prendere una decisione su un tema che diviene sempre più incandescente.

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