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Napoli (Az), referendum indigesto: “Un capolavoro di cui nessuno avvertiva il bisogno”

Obiettivo principale e necessario era raggiungere il quorum ma il centrosinistra non c'è riuscito. Come avrebbe voluto dimostrare di saper ampliarsi al campo largo, ma non è successo. L'esponente di Azione tira le fila di questa tornata referendaria che ha disegnato come una punizione del centrosinistra autoinflittasi "pensando di far dispetto ad altri"

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La sinistra non sa staccarsi dal modello Tafazzi, il mitico personaggio di Aldo, Giovanni e Giacomo che si infliggeva severe punizioni pensando di far dispetto ad altri. E’ con queste parole che Osvaldo Napoli, esponente di Azione, che commenta, con un pizzico di ironia, il mancato quorum dei Referendum. Con sarcasmo sì, ma pur sempre con un fondo di verità. Difatti, i quesiti referendari che avrebbero dovuto chiamare alle urne almeno il 50% più un voto degli aventi diritto, ha registrato un’affluenza lontanissima dal rendere esecutivo l’esito della consultazione.

E quindi, “il referendum si è risolto in quello che era stata ampiamente previsto: un flop“, affonda Napoli insistendo che a presentarsi alle urne in questi due giorni sia stato un numero inferiore agli stessi elettori dei partiti promotori.

Oltre il quorum, però, c’è la sostanza dei 5 quesiti che per l’esponente di Azione sono ben presto interpretabili dal fallimento referendario come “una seconda approvazione del jobs act” che “mette in salita la battaglia parlamentare per ridurre a 5 anni il tempo necessario per chiedere la cittadinanza italiana“. Effettivamente, il risultato appare presto chiaro: chi ha ritirato le schede per votare si è espresso in favore dei quesiti abrogativi sul tema del lavoro, dall’abolizione del Jobs Act di Matteo Renzi alle tutele maggiori in caso di infortunio. Un parere favorevole in quesiti 4 punti che sembra aver raggiunto tra l’80 e il 90%, quindi dovrebbero aver votato elettori allineati con la proposta referendaria.

In tal senso, risulta di un certo peso, proprio il dato sottolineato da Napoli del quinto quesito, quello per portare da 10 a 5 anni il tempo minimo di residenza per chiedere la cittadinanza italiana. In base a quanto registrato, i hanno raggiunto circa il al 64% dinanzi ai no di di coloro che non vogliono accorciare i tempi della cittadinanza italiana per gli stranieri, pari circa al 36%. Insomma, “un capolavoro di cui nessuno avvertiva il bisogno“, rimarca Napoli.

Napoli: “Hanno riempito piazza San Giovanni ma le urne sono rimaste vuote”

Nella nota dell’esponente del partito di Carlo Calenda, si riflette anche sul modus operandi intrapreso dagli avanzatori dei quesiti in queste ultime settimane che hanno tenuto gli occhi puntati verso orizzonte con vista su Referendum. “Hanno riempito piazza San Giovanni ma le urne sono rimaste vuote“, si concede Napoli puntualizzando come “una tale manifestazione, non so se più di impotenza o di insipienza politica, non rende più forte il governo, che sui referendum aveva scelto di non scegliere“.

Infatti, di conseguenza, si tratta solamente di una mossa che rende sicuramente “più debole quel tipo di opposizione radicale e vociante, ma priva di idee“. E in un contesto delineato in questo modo, dove la politica sembra svuotarsi di ogni suo principio, Napoli non ci sta e apostrofa con una certa verve gli esponenti del centrosinistra: “Facile prevedere che Schlein, Conte, Fratoianni e Bonelli parleranno oggi di Gaza così, dopo aver strumentalizzato il referendum, potranno strumentalizzare anche un’autentica tragedia umanitaria“.

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