Migranti, il Consiglio d’Europa boccia i Cpr italiani: i motivi dell’allarme

L'organo anti corruzione del Consiglio d'Europa avrebbe riscontrato, in alcune visite condotte in quattro dei nove centri presenti nel Paese, condizioni inadatte dei migranti ospitati nelle strutture, tra cui "pessime condizioni materiali, approccio sproporzionato alla sicurezza e qualità variabile dell'assistenza sanitaria"

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Il Cpt, l’organo anti tortura del Consiglio d’Europa, ha definito “non idonei” i centri di permanenza per i rimpatri dei migranti presenti sul territorio italiano, sottolineando alcuni aspetti di queste strutture che sarebbero preoccupanti in riferimento alle condizioni di vita dei migranti che in queste sono ospitati. Nel rapporto redatto a seguito della visita condotta dal Cpt tra il 2 e il 12 aprile scorsi in 4 dei 9 centri operativi in Italia, è possibile leggere una vera e propri “messa in discussione” della replica del modello in Albania, ovvero del trasferimento di migranti provenienti da Paesi sicuri nei due centri di Schengin e Gjiader, gestiti dalle autorità italiane.

Si aggiunge quindi un nuovo tassello alla polemica tutta italiana riguardante la gestione dei migranti che giungono quotidianamente nella nostra Nazione. A seguito del mancato trattenimento dei primi migranti giunti in Albania, in due diversi viaggi, entrambi annullati, la bocciatura del Consiglio d’Europa rischia di riaprire una parentesi che nelle ultime settimane sembrava essere chiusa momentaneamente.

Migranti, la denuncia del Consiglio d’Europa

Secondo il Consiglio d’Europa, nelle strutture presenti sul territorio italiano, sarebbero presenti “pessime condizioni materiali, assenza di un regime di attività, approccio sproporzionato alla sicurezza, qualità variabile dell’assistenza sanitaria e mancanza di trasparenza da parte degli appaltatori privati“. Si tratta, quindi, di elementi di rischio non trascurabili che avrebbero convinto il Cpt a lanciare un allarme sulle condizioni dei migranti presenti all’interno di queste strutture. Nello specifico si tratta degli hub di via Corelli a Milano, Gradisca d’Isonzo, Palazzo San Gervasio a Potenza, e Ponte Galeria a Roma.

L’organo anti tortura del Consiglio d’Europa ha poi denunciato, nello stesso rapporto, “diversi casi di presunti maltrattamenti fisici e un uso eccessivo della forza da parte di agenti di polizia“, che si sarebbero verificati all’interno di questi centri per il rimpatrio. Uno degli allarmi più gravi, poi, riguarda la presunta “pratica diffusa della somministrazione di psicofarmaci non prescritti e diluiti in acqua, come documentato nel centro di Potenza“.

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