Giorgia Meloni arriverà a Bruxelles con circa sei ore di anticipo rispetto al calendario della riunione informale perché, spesso, quando si è gli ultimi arrivati si fa fatica a fare amicizia. Il premier lo sa bene. A Fasano, durante il G7 da lei stessa organizzato, è stata esclusa da Emmanuel Macron e Olaf Scholz, che hanno avuto un vertice privato con Ursula Von der Leyen. Meloni lo ha scoperto solo successivamente ed ha compreso che in Europa non si può mai abbassare la guardia.
Così, poche ore dopo, il Presidente del Consiglio è stata vista passeggiare in solitaria con la Presidente della Commissione Ue. Venti minuti di chiacchiere, davanti alle bancarelle di Borgo Egnazia, come due amiche. Tra le due, però, di certo non scorre buon sangue. Il premier ha sempre sostenuto che i rapporti affettuosi e distesi con l’esponente del Ppe derivassero dal suo ruolo di Presidente del Consiglio italiano e non da altro.
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Meloni ha sempre sostenuto anche l’idea che Ecr non volesse sostenere un secondo mandato di Von der Leyen. All’alba della costituzione di una nuova Commissione europea, però, Meloni ha riflettuto sull’argomento ed ora vacilla davanti alla possibilità di poter garantire un sostegno in cambio di un nome italiano alla vicepresidenza della Commissione. Uno scambio equo che potrebbe sia tranquillizzare Von der Leyen, preoccupata dei voltafaccia, sia dare all’Italia “il ruolo che le spetta, in termini di competenze delle quali ci si dovrà occupare quando si formerà la Commissione e ci saranno i commissari“.
Meloni e le valutazioni sui nomi per Bruxelles
Nel caso in cui il piano di Meloni dovesse realizzarsi, l’elezione di Ursula Von der Leyen dovrebbe garantire all’Italia alcune postazioni tra i ruoli apicali dell’Ue. In particolare, sembrerebbe che il premier abbia messo gli occhi sul ruolo di vicepresidente della Commissione. Un ruolo che spetterebbe ad un candidato che si presenti con il curriculum giusto, magari con esperienze nella politica, ma ora impegnato in ambiti diversi.
Il vicepremier Antonio Tajani ha chiuso la parentesi Mario Draghi, che si ipotizzava potesse essere il prossimo presidente del Consiglio Ue, dichiarando che il suo è “un profilo tecnico e la sua candidatura è un’ipotesi solo giornalistica“. Il cerchio, dunque, comincia a restringersi e una figura che potrebbe sembrare adatta è quella di Roberto Cingolani, ex ministro e attuale amministratore delegato di Leonardo.
Non solo vicepresidente, Giorgia Meloni riflette anche sulla possibilità di un nome italiano alla guida del Bilancio o della Difesa. Nel primo caso la questione diventa spinosa, perché è necessario qualcuno con una certa esperienza. A Bruxelles piace Giancarlo Giorgetti, eppure sia lui stesso che Meloni sembrerebbero restii all’idea. Sul nuovissimo portafogli della Difesa, sembrerebbe che il nome favorito sia quello di Elisabetta Belloni. Attuale capo del Dis e sherpa del G7, sarebbe una candidatura valida per la sua esperienza nel settore geopolitico e diplomatico.
Le possibilità delle nuove coalizioni europee
Per ora, comunque, si tratta solo di indiscrezioni e la verità potrà essere scoperta nei prossimi mesi. Intanto risulta cruciale comprendere in che modo la candidatura di Von der Leyen possa avere delle possibilità a Bruxelles. I popolari sono convinti che la coalizione tra Ppe, S&D e i liberali di Renew, possa essere la mossa vincente. Con 402 seggi, si supera il quorum dei 361 necessari, anche se di un soffio.
Von der Leyen è però preoccupata delle possibilità di un voltafaccia, che potrebbe sottrarle il secondo mandato da sotto al naso. Per questo i 25 neoeletti di Fratelli d’Italia sarebbero utilissimi e Giorgia Meloni lo sa. Con un aumento dei sostegni, la rielezione di Von der Leyen è quasi certa. Anche Antonio Tajani ha sottolineato come, dal suo punto di vista, un’alleanza tra Ppe, liberali e conservatori sia quella più conveniente. Lasciando fuori i socialisti, però, i numeri non tornano e la maggioranza non regge.
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