Dubbi e perplessità per la premier Giorgia Meloni. Domani e venerdì si svolgerà il Consiglio europeo ma già da ieri è partito il toto-nome per la formazione della nuova Commissione europea: i negoziatori delle tre grandi famiglie politiche europee – Popolari, Socialisti e Liberali – hanno fatto sapere di aver trovato l’accordo sui quattro nomi che guideranno i vertici delle istituzioni comunitarie.
La proposta punta sull’asse Von der Leyen-Costa-Kallas: lo stesso schema che la presidente del Consiglio aveva bocciato perché “pre-confezionato” e “nato sui nomi e non sui temi”. I socialisti e i Liberali insistono quasi ad arrivare al punto di escludere la Meloni, presidente dell’Ecr.
Per la premier l’Unione europea si è allontanata dai cittadini: se da un lato l’economia europea rallentava, dall’altro le istituzioni tendevano a normare sempre di più tutti gli aspetti della vita dei cittadini. E “mentre cerca di normare tutto finendo anche con il rischio di omologare culture, specificità geografiche e sociali, rimane più debole sugli scenari globali, con il risultato di rendersi sempre più vulnerabile agli choc esterni. L’Ue dovrà concentrarsi sui grandi temi strategici, dove è necessario unire le forze. Abbiamo chiesto che nel preambolo dell’agenda strategica fosse richiamato il tema delle risorse. È impensabile che uno stato membro, persino se si trova nella migliore condizione fiscale, possa affrontare da solo gli investimenti necessari per le grandi sfide che l’Europa ha davanti“.
Ue, Meloni: le parole alla Camera
Meloni alla Camera non riesce a nascondere il suo disappunto: “La composizione del nuovo parlamento è stata delle indicazioni del voto del 8 giugno. Tutti i partiti hanno proposto un cambiamento rispetto all’attuale assetto Europeo, nessuno tra i partiti presenti anche in quest’aula hanno concordato sul fatto che l’Europa deve prendere una direzione diversa da quella attuale“. La premier poi aggiunge che le istituzioni europee sono tutt’altro che gradite e che la partecipazione degli elettori al voto “è inferiore al 50%, una situazione che non può e non deve lasciare indifferenti le classi dirigenti, comprese quelle che in questi giorni sembrano essere tentate di nascondere la polvere sotto il tappeto“.
“Alcuni hanno sostenuto che non si debba parlare con alcune forze politiche. Le istituzioni Ue sono state pensate in una logica neutrale. Gli incarichi apicali sono stati affidati tenendo in considerazione i gruppi maggiori, indipendentemente da logiche di maggioranza e opposizione. Oggi si sceglie di aprire uno scenario nuovo e la logica del consenso viene scavalcata da quella dei caminetti, dove una parte decide per tutti. Una ‘conventio ad excludendum’ che a nome del governo italiano ho contestato e non intento condividere” ha aggiunto la premier.
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