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Meloni spalleggiata da Trump torna tra i Volenterosi: ora si riflette sui negoziati in Vaticano

Gli eventi di Tirana, dove si è svolto il vertice in assenza di Meloni, sembra ormai già acqua passata, con la Presidenza del Consiglio che già guarda al futuro e che soprattutto immagina i prossimi giorni come lo spartiacque per il rafforzamento della politica estera italiana

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Giorgia Meloni è reduce da quattro giorni di fuoco, iniziati lo scorso venerdì con l’autoesclusione dal vertice tra i Volenterosi – Emmanuel Macron, Friedrich Merz, Donald Tusk e Keir Starmer– e Volodymyr Zelensky, e conclusosi con la telefonata di ieri sera con Donald Trump e gli stessi leader con cui pochi giorni fa ha registrato attriti durissimi.

Il Presidente del Consiglio, nel mezzo di questo marasma, ha contratto un’influenza che comunque non l’ha fermata dal dimostrare ancora una volta che la sua centralità nel contesto euro atlantico non può essere eliminata da un solo passo falso, anche se questo è stato rimarcato proprio dal presidente francese, Emmanuel Macron.

Gli eventi di Tirana, dove si è svolto il vertice in assenza di Meloni, sembra ormai già acqua passata, con la Presidenza del Consiglio che già guarda al futuro e che soprattutto immagina i prossimi giorni come lo spartiacque per il rafforzamento della politica estera italiana. Al centro dei dossier la possibilità che il Vaticano possa ospitare i prossimi colloqui tra Russia e Ucraina.

L’ipotesi del Vaticano come Stato neutro per i colloqui

Papa Leone XIV, nel corso dell’incontro con le Chiese Orientali, aveva infatti aperto alla possibilità di rendere la Santa Sede un luogo neutro in cui far svolgere i negoziati di pace, con l’obiettivo di porre fine al durissimo conflitto in corso in Est Europa. Una possibilità che sarebbe stata accolta positivamente da tutte e tre le parti in gioco. Donald Trump, Vladimir Putin e Volodymyr Zelensky avrebbero infatti preso in considerazione di spostare le delegazioni dalla Turchia al Vaticano.

Di fronte a questa possibilità, quindi, diventa fondamentale il ruolo svolto dal governo italiano. “L’Italia è pronta a fare la sua parte per facilitare i contatti“, ha infatti dichiarato il premier subito dopo la conclusione della telefonata con Trump, lasciando intendere che il nostro Paese non si opporrà in alcun modo alla riuscita dei negoziati. In parole povere questo vuol dire che Roma permetterà al presidente Putin, che ha un mandato di arresto internazionale della Cpi, di mettere piede sul suolo italiano senza alcuna ripercussione.

Si tratta di un tentativo di soddisfare ancora una volta il presidente americano, a cui ora spetta anche il merito di aver aiutato Meloni ad uscire da una situazione che avrebbe potuto rivelarsi pericolosissima. A seguito degli eventi di venerdì scorso, quando tra il premier e Macron erano volati stracci a causa delle dichiarazioni di Meloni sul format dei Volenterosi, Trump potrebbe aver deciso di aiutare il Presidente del Consiglio.

Meloni e Trump: un giro di telefonate per recuperare terreno

Sabato sera, come riporta Adnkronos, si sarebbe svolta una telefonata privata tra i due leader. Il contenuto della conversazione è rimasto privato ma c’è da dire che subito dopo questo colloquio si è svolto quello precedente al vertice telefonico con Putin. Meloni, quindi, è stata riammessa per volontà del Tycoon nel formato dei Volenterosi, più Ursula Von der Leyen, potendo quindi dimenticare gli screzi del passato.

Lo stesso portavoce del cancelliere tedesco, Friedrich Merz, ha confermato che il formato delle due telefonate, quindi anche quella successiva al colloquio con Putin, sono state volute dagli Stati Uniti d’America. Quello che resta da capire è se Trump abbia deciso di agire in autonomia o se Meloni abbia effettivamente chiesto aiuto all’amministrazione americana per uscire dalla situazione piuttosto spinosa creatasi con Macron.

Sempre il portavoce tedesco, però, ci tiene a specificare che questi summit telefonici hanno una natura piuttosto volatile. Rispetto allo scorso venerdì, infatti, gli ultimi due confronti si sono svolti nell’assenza del polacco Tusk, sostituito dal finlandese Stubb, eppure nessuno è apparso particolarmente provato da questo cambiamenti. Allo stesso modo, quindi, la presenza-assenza di Meloni non dovrebbe avere il peso che finora gli è stato affibbiato, né dovrebbe essere sfruttata come arma per indebolire o rafforzare il perso in uno Stato nello scacchiere euro atlantico.

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