Giorgia Meloni, nella hall del Westin hotel a cinque stelle di Zagabria, risponde al rifiuto di Elly Schlein di partecipare alla festa di Atreju di dicembre. La premier si presenta davanti alle telecamere al termine della missione in Croazia e replica alla segretaria dem utilizzando ricordi lunghi di quasi vent’anni. Forse con l’obiettivo di irritare la Schlein con una forza più dirompente di mille attacchi diretti.
“La nostra è una festa aperta e noi per primi abbiamo immaginato confronti con leader anche molto diversi tra loro – afferma Giorgia Meloni – C’era un tempo, molto lontano da oggi, in cui Fausto Bertinotti non aveva timore a dialogare – pur con l’orgoglio della diversità delle proprie posizioni – con qualcuno che era molto distante da lui. Prendo atto che le cose sono cambiate”.
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Schlein si smarca ed evita la trappola
La segretaria del Pd dice no per evitare la trappola di un confronto aperto e imprevedibile. La tesi della segretaria del PD é che il faccia a faccia si debba svolgere in aula: “Meloni vuole sfilare al parlamento la discussione sul salario minimo girando le spalle a 3 milioni e mezzo di cittadini che lavorano. Vi aspettiamo lì – attacca Schlein – se ne avete i coraggio”.
Meloni evita di dirlo ma lascia sottintendere il suo pensiero: Elly Schlein é più debole e per questo evita il confronto. Non a caso tira in ballo Bertinotti, già segretario del Partito della Rifondazione Comunista dal 1994 al 2006, che aveva accettato di dialogare sullo stesso palco sul quale la premier aveva dato il via al tradizionale incontro, con ospiti ideologicamente distanti dalla destra giovanile. Elenca alcuni nomi ai tempi in cui gli stessi erano presidenti del consiglio: Gentiloni e Letta. Ma Meloni ha tenuto conto che oggi siede dall’altra parte? Cosa che impone di aderire a precise formalità istituzionali.
Il no di Schlein come assist per Meloni
Semplificando, possiamo dire che il capo del governo sfrutta il no della dem come assist da giocare a suo favore. Perché adesso c’è da vedere quale altro “nemico” salirà sull’arena della manifestazione politica giovanile della destra italiana, in quanto la selezione dell’avversario descrive il piano della premier e smaschera anche le sue paure.
Guardando il quadro da una prospettiva più ampia possiamo notare che, negli ultimi tempi, gli alleati della presidente del consiglio non celano più l’astio nei confronti di Giuseppe Conte. Perché? La motivazione potrebbe essere banale e stare nel fatto che il leader dei 5 stelle parla ad una fetta di elettori che corrispondono a quelli irretiti da Meloni. Il Movimento fondato da Beppe Grillo infatti non aveva ricevuto nessun invito dal partito di Giorgia Meloni e lo stesso vale per il segretario della Cgil Maurizio Landini, “nessun invito sia formale sia informale è arrivato al segretario”.
I continui scioperi, e i dissidi su fisco, pensioni e lavoro, hanno freddato il faticoso rapporto tra Meloni e Landini che sembrava essersi disteso dopo il congresso a Rimini di marzo scorso, quando davanti una platea ostile, la presidente del consiglio fece la promessa di assicurare “un ascolto privo di pregiudizi”.
Ad Atreju manca ancora un po’ e qualcuno da portare sulla scena Giorgia Meloni dovrà trovarlo prima o poi. Anche perché la fondatrice di Fratelli d’Italia ha bisogno di un avversario, specie ora che siamo alla vigilia delle europee.
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