Quindi? Stanno ancora insieme? A quanto dicono, sembra di sì, nonostante tutto e tutti. I rapporti tra Italia e Stati Uniti sono all’insegna della “lealtà, del rispetto reciproco” nonché “della consapevolezza che la forza dell’uno è quella dell’altro“. A scansare ogni equivoco, è proprio Giorgia Meloni, che è giunta a Villa Taverna per dare il via ufficiale alla prima festa dell’Indipendenza ospitata dal nuovo ambasciatore Usa, Tilman Fertitta. Una prima volta anche per il premier da quando è a capo del governo.
Come se fosse la coppia più chiacchierata del momento, quella su cui gli oppositori architettano divorzi mentre i sostenitori ne scongiurano gli attriti, Roma e Washington “parlano la stessa lingua” e possono contare “l’uno sull’altro“. Ed è un “bene” per la “compattezza e l’unità” dell’Occidente, unica via per rispondere “alle sfide” in un equilibrio geopolitico internazionale a dir poco precario. Insomma, Meloni offre una constatazione per il passato e anche un patto per il futuro.
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Quindi, accolti dai bersaglieri, salgono sul palchetto con lo sfondo della bandiera a stelle e strisce, la premier, Fertitta, il presidente del Senato, Ignazio La Russa e i due vicepremier, Il ministro degli Esteri, Antonio Tajani e il ministro dei Trasporti, Matteo Salvini. Giustamente, prende voce nel capitolo della relazione anche la controparte: “Adoro il nostro rapporto con l’Italia, è fantastico“. E’ così, che un allegro Fertitta fa trasudare tutto il suo entusiasmo statunitense, accogliendo la delegazione italiana.
Per l’Italia esistono non una, ma due “stelle polari“, esagera un Tajani, probabilmente preso dall’entusiasmo, che pensa all’Unione europea da un lato e agli States trumpiani dall’altro. E in mezzo? Al centro, la creme de la creme. Al centro c’è Roma che continua a cercare di esercitare quel ruolo di “ponte” nelle mani della “pontiera” Meloni. Italia e Usa, sottolinea il ministro forzista ridimensionando il rapporto ad un ambiente famigliare più che relazionare, “sono nazioni sorelle” e non possono che rafforzare i rapporti. Anzi, a detta di Tajani, rappresenterebbe una base di partenza utile anche quando ci si trova in “disaccordo“.
Un’ammaliata Meloni statunitense
Ma le stelle sono anche altre: nel vedere quel trasporto con cui gli statunitensi festeggiano la loro festa dell’Indipendenza, alla premier brillano gli occhi come due comete. Si dice “ammirata” e cita ancora una volta il filosofo francese Ernest Renan e la sua definizione di nazione come “una grande solidarietà“. Il 4 luglio “è più di una semplice festa nazionale, è qualcosa che ogni cittadino americano porta nel cuore“, e rappresenta i valori a stelle e strisce di “democrazia, uguaglianza e libertà”.
Un “senso di appartenenza“, che è una vera e propria “dichiarazione d’amore” del popolo Usa per il proprio paese. “Mi piace pensare – si sbottona Meloni – che sia quel che accade in Italia il 17 marzo” 1861, onvvero Unità d’Italia, “quando si celebra l’epopea risorgimentale“. Poi, in ibrido italo-americano, il premier conclude il suo discorso: “God bless America, viva l’Italia“.
Chi vivrà, vedrà
Insomma, la perfetta serata in cui viene bollata la relazione Palazzo Chigi-Casa Bianca come perfetta. Ma, di perfetto, si sa, non esiste nulla, come è altrettanto risaputo che non può essere sempre tutto rosa e fiori. Non basta, quindi, un momento di convivialità per celare le crepe. Perché, risulta difficile far passare per calmo quel mare tra le due sponde dell’Atlantico, che ha di certo visto giorni dai rapporti più idilliaci. Dall’accordo sui dazi che ancora va trovato, alla scelta Usa, pronosticata e temuta dai leader europei che ha iniziato a diventare concreta con la riduzione delle forniture di missili e munizioni americane benedetta da Mosca, l’Italia deve fare i conti con l’amante: l’Ue.
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