Giorgia Meloni è arrivata in anticipo a Bruxelles, pronta a schierare le sue carte e a fare le sue considerazioni. Nella riunione informale per discutere l’assetto della nuova Commissione europea, il premier si è trovata di fronte al cancelliere tedesco Olaf Scholz e al presidente francese Emmanuel Macron che spingevano per un accordo anticipato, al fine di chiudere il prima possibile alle contrattazioni.
Il Presidente del Consiglio però non era della stessa opinione. “Non accettiamo accordi preconfezionati – ha tuonato Meloni – ne riparliamo tra dieci giorni“. Giorgia Meloni vorrebbe attendere la riunione del Consiglio Ue che si terrà il 26 e 27 giugno, per poter riflettere ancora sulle coalizioni e sulle possibilità dell’Italia di portare a casa un ruolo apicale. A Palazzo Chigi si riflette già sui nomi, eppure, sembra che nessuno abbia fatto i conti con l’ostracismo di Bruxelles.
Leggi Anche
Il premier è arrivato all’hotel Amigo, dove ha incontrato il premier ungherese Viktor Obran e l’ex ministro polacco Mateusz Morawiecki, uno dei negoziatori del Partito popolare europeo. La Germania e la Polonia sono convinte di non aver bisogno dell’appoggio del gruppo dei Conservatori di cui Meloni è presidente. Così il castello di carte costruito dal Presidente del Consiglio sembra crollare. Giorgia Meloni è di nuovi un underdog, un’ostracizzata lasciata da parte, ruolo che pensava di aver definitivamente abbandonato e che invece l’ha travolta nuovamente.
Il complesso quadro europeo davanti a Giorgia Meloni
“Se pensano di farcela da soli, senza di noi facciano pure. Se la vedranno al Parlamento“, questa la considerazione di Giorgia Meloni, secondo fonti a lei vicine, dopo il blocco dell’Ue contro Ecr. Tusk sarebbe pronto a lasciare i conservatori per passare al gruppo di Identità e Democrazia, dove c’è Le Pen. Il piano del premier di allargare il gruppo di Ecr sembra andare in frantumi, nonostante il veto verso Orban che invece vorrebbe entrare a farne parte. La sua presenza, secondo il premier, creerebbe uno scossone e convincerebbe i conservatori ad allontanarsi.
Meloni, però, continua a puntare sui voti “stretti” di Ursula Von der Leyen. Se la tedesca volesse tentare la corsa al secondo mandato, i numeri che la supportano sarebbero troppo precari per assicurarle l’elezione. Così Ecr diverrebbe un tassello fondamentale, da aggiungere al sostegno di Von der Leyen. Ovviamente, Meloni non ha in mente un accordo basato sulla solidarietà. Il suo appoggio avrà un prezzo. Magari un vicepresidente o un Presidente del Consiglio Ue italiano.
Il problema è che ad oggi Ecr sembra in difficoltà e in difficoltà è anche il Presidente del Consiglio. Non tutti i conservatori, infatti, accettano il sostegno a Von der Leyen e così per loro il gruppo europeo di Salvini e Le Pen sembra piuttosto allettante. L’idea, almeno secondo voci di corridoio a Bruxelles, sarebbe quella di creare un nuovo gruppo di ultradestra europea, che però si liberi delle visioni estremiste di Id. Un processo che potrebbe portare allo sgretolamento dei conservatori, privati di alcune loro parti essenziali.
Il tentativo di allargamento di Ecr
Meloni sarebbe arrivata in anticipo a Bruxelles non solo per sondare le acque sulla prossima coalizione ma anche per portare avanti un processo di allargamento. Il nuovo obiettivo del premier sarebbe quello di allargare il bacino di eurodeputati del gruppo dei conservatori fino a raggiunger 84 seggi. In questo modo, Ecr supererebbe il gruppo dei Liberali divenendo così il terzo partito del Parlamento Ue.
Meloni dimostrerebbe di avere ancora una capacità di attrazione, che potrebbe ovviamente essere utile nella seconda fase delle trattative a Bruxelles, quando saranno decise le deleghe e i commissari. Il presidente del Consiglio sta portando avanti un gioco complesso, che potrebbe trasformarsi in un’arma a doppio taglio. Non tutti i conservatori covano le sue stesse idee e convinzioni e se il “no” a Orban è stata una scelta obbligata, non è detto che nel futuro le scelte saranno così “semplici“.
© Riproduzione riservata