La Legge di Bilancio 2025 inizia la sua corsa verso la fine dell’anno, nella consapevolezza che da lunedì potrebbe aprirsi uno dei capitoli più complessi da sbrogliare per il Ministero dell’Economia e lo stesso governo, ovvero quello degli emendamenti. Non vi sarebbero dubbi sul numero considerevole di modifiche che sarà presentato dalle opposizioni, ma ciò su cui per il momento rimane il dubbio è il comportamento della maggioranza di governo. La manovra è un documento delicato e non sempre la coalizione è riuscita a trovare una quadra che effettivamente accontentasse tutti, per cui non si esclude che il numero di emendamenti possa essere alto anche per la Lega e Forza Italia.
Se l’anno scorso il governo Meloni era stato perentorio nella sua richiesta – “nessun emendamento da parte della maggioranza -quest’anno sembrerebbe che la comunicazione non vi sia stata. Le tempistiche per ora sarebbero state rispettate, per cui non ha ancora avuto inizio lo sprint finale che caratterizza ormai da anni le Leggi di bilancio italiane, eppure, il governo Meloni potrebbe aver chiesto ai suoi una certa moderazione. Non è chiaro però al momento in che modo possano aver risposto i due partiti della coalizione, entrambi convinti di meritare una fetta del presunto successo di questo provvedimento.
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Il problema principale quest’anno, però, riguarderebbe i costi della manovra e le disponibilità delle casse dello Stato, viste anche le richieste stringenti sul debito presentate dall’Unione europea. La maggior parte delle modifiche, infatti, dovrebbero essere operate tenendo in considerazioni le entrate del concordato preventivo, ovvero l’accordo tra Agenzia delle Entrate e lavoratori indipendenti per ammortizzare l’evasione fiscale, anche se per il momento sulla cifra precisa vi sarebbero molti dubbi.
Manovra, le possibili richieste di Lega e Forza Italia
Dalla fine della pausa estiva i partiti di governo hanno cercato di fare chiarezza per decidere le priorità della Legge di bilancio. Tra l’attenzione per il ceto medio, le famiglie con figli, i pensionati e i lavoratori, la manovra avrebbe rischiato di divenire un provvedimento inattuabile, a causa delle scarse capacità delle casse dello Stato. Il solito “taglia e cuci” del Mef ha però permesso di creare una manovra dai costi gestibili, che però non ha potuto ovviamente tener conto delle richieste di tutti.
Così, all’alba dell’inizio dei lavori parlamentari sulla Legge, c’è la probabilità che Forza Italia e Lega presentino le loro richieste, nella speranza di riuscire ad ottenere una risposta positiva. Il fulcro della questione, però, non riguarda tanto le volontà del Mef quanto le disponibilità che il concordato preventivo porterà con sé. L’accordo, creato appositamente dal viceministro dell’Economia Maurizio Leo, potrebbe non portare allo Stato gli introiti sperati, per cui gli emendamenti del governo potrebbero non essere approvati.
Sembrerebbe, comunque, che Forza Italia stia sperando di ottenere il taglio delle tasse per i ceti medi, con un abbassamento dal 35% al 33% del secondo scaglione Irpef e l’allargamento della platea di percettori ai redditi fino a 60mila euro. Inoltre, il partito di Antonio Tajani starebbe spingendo anche un giro di vita sulla Web tax, affinché i più colpiti siano le grandi aziende e le multinazionali dell’e-commerce e vengano al tempo stesso salvaguardati i piccoli esercizi e le start-up. La Lega, invece, starebbe auspicando per una nuova rateizzazione dell’acconto Irpef di novembre, insieme all’estensione dei beneficiari fino a un fatturato di 170mila euro, per cui potrebbe presentare un emendamento ad hoc.
Manovra, i dubbi sul concordato fiscale
Il grande punto interrogativo su cui si apriranno i lavori della prossima settimana, quindi, riguarderà l’accordo tra le partite Iva e l’Agenzia delle Entrate. Il cosiddetto concordato fiscale preventivo, infatti, prevedrebbe un accordo tra i contribuenti e lo Stato, affinché entrambi possano giovare rispettivamente di tasse più basse da pagare e di entrate maggiori. Nello specifico, alle partite Iva sarebbe permesso di mettere in paro i conti e pagare importi minori nei prossimi due anni e allo Stato sarebbero garantite entrate maggiori.
Purtroppo, sembrerebbe che il concordato abbia attirato meno contribuenti del previsto, tanto che fino a qualche giorno fa è stato definito un vero e proprio flop, che avrebbe necessitato di una proroga dei termini per divenire veramente efficiente. La data ultima per accedere all’accordo infatti è stato lo scorso 31 ottobre, anche se i commercialisti avrebbero chiesto più volte una proroga. Il problema per il governo però riguarderebbe proprio le tempistiche, perché le entrate del concordato sono necessarie subito, per essere usate per la Legge di bilancio.
Ora, sembrerebbe che l’esecutivo sia al lavoro su una soluzione alternativa, ovvero sulla possibilità di creare un concordato bis, così da poter utilizzare le entrate del primo provvedimento e al tempo stesso creare un secondo tesoretto da poter utilizzare in futuro. L’ipotesi sarebbe piaciuta particolarmente al vicepremier forzista Antonio Tajani, che ieri mattina avrebbe pubblicato un post su X per confermarlo: “Rinviare il concordato fiscale è una scelta di buon senso. Più sono gli incassi più si tagliano le tasse al ceto medio. A cominciare dall’Irpef“.
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