“Eviterà lo scempio di persone distrutte” tuona Carlo Calenda cercando di difendere la legge bavaglio – soprannome datogli dall’opposizione – figlia del suo partito. Una legge che prevede il divieto di pubblicazione delle ordinanze di custodia cautelare fino alla prima udienza preliminare. “È un bavaglio” ribattono l’Ordine dei giornalisti e la Federazione della stampa, supportati da Pd, M5S e Avs.
Lo scontro è aperto ma ormai è tutto nelle mani del Senato, da cui si attende l’approvazione definitiva, anche se l’opposizione ha deciso di fare appello direttamente a Mattarella, chiedendo che la legge non venga firmata. Oggi a Genova un flash mob di protesta, in cui i giornalisti si sono presentati con la bocca coperta da un bavaglio, a testimonianza dell’enorme lesione del diritto alla libertà di informazione che tale legge rappresenta.
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A peggiorare gli scontri oggi è prevista la discussione sugli emendamenti alla prescrizione, anche questi figli della coppia Costa-Nordio come l’emendamento alla legge di delegazione Ue. Le modifiche previste riguardano la possibilità di una sospensione della prescrizione per 24 mesi dopo la condanna e per 12 mesi dopo la conferma della condanna in Appello.
Le parole di Costa su un’intesa con Nordio sembrano però portare alla luce alcune crepe nel partito: “Sulla giustizia l’apertura c’è già stata. Se Nordio manterrà le promesse fatte noi saremo con lui. Quanto al resto ho la mia idea e la esprimerò negli organismi di partito“, eppure tale ipotesi è stata prontamente smentita da fonti interne al partito.
“Legge bavaglio” e il pericolo della manipolazione delle informazioni
Oltre al pericolo di un restringimento delle libertà di stampa e informazione, che ovviamente la legge va a ledere, il procuratore di Genova Nicola Piacente ha sottolineato un aspetto importante ma finora sottovalutato: “Il rischio è che le forze dell’ordine e l’autorità giudiziaria inquirente siano molto più che in passato sollecitati a dare informazioni e notizie sul contenuto di atti giudiziari, col pericolo che quel contenuto possa essere malamente veicolato verbalmente e l’informazione possa comunque essere divulgata, ma con meno attendibilità rispetto a quanto contenuto in un’ordinanza“.
Insomma, nessuna legge può effettivamente fermare l’enorme macchina dell’informazione, ma in questo caso l’emendamento di Azione potrebbe creare un problema molto più grave, cercando di risolverne uno più piccolo. Nel momento in cui l’ordinanza di custodia cautelare non potrà essere reperita legalmente dal giornalista, questo potrebbe rivolgersi a chi per primo ha avuto la possibilità di leggerla.
Ovviamente, però, il sentito dire non è mai affidabile quanto la carta siglata, per cui il pericolo della disinformazione cresce esponenzialmente grazie alla proposta di Azione. Enrico Costa, però, non sembra aver preso in considerazione tale possibilità prima della proposta di emendamento, tanto che continua a sottolineare che “non c’è alcun divieto di riportare il contenuto dell’atto“.
La contraddizione della Legge bavaglio
“L’obiettivo è evitare la gogna mediatica” evidenzia Matilde Siracusano di FdI, ma anche lei sembra non realizzare che la norma non vieta la pubblicazione di notizie riguardanti l’arresto o le accuse di un imputato, ma semplicemente vieta ai giornalisti la possibilità di informarsi correttamente. Forse, la gogna mediatica, così come lo “scempio degli innocenti” tanto temuto da Calenda, sono ancora più plausibili rispetto al passato.
L’Ordine dei giornalisti mostrerà il suo dissenso non presentandosi al discorso di fine anno della premier, mentre i Cinque Stelle portano le loro accuse in commissione Giustizia: “L’agenda Meloni è lasciare impunite malefatte della borghesia mafiosa, dei corrotti, dei comitati d’affari“. Fa loro da il democratico Sandro Ruotolo: “Si nega all’opinione pubblica il diritto di essere informata su temi come la lotta alla corruzione e alla mafia. Da oggi siamo meno liberi“.
Il nodo della questione risiede proprio qui. Ci troviamo di fronte ad una legge che non solo limita i poteri della stampa, ovvero di chi informa i cittadini, di chi rende comprensibili le parole complesse della politica, della giustizia e del diritto, negando la libertà di espressione a chi ha fatto dell’informazione la sua vita, ma che soprattutto nega al popolo la possibilità di sapere, di essere informato correttamente e di potersi fidare dell’informazione giusta.
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