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Lavoro, Mattarella denuncia: “Squilibri nelle retribuzioni, salari troppo bassi ma robusti premi ai dirigenti”

Il presidente Mattarella invita ad analizzare e far fronte alle contraddizioni che costellano il mercato del lavoro in Italia, dai salari bassi ai contratti pirata, come i troppi squilibri nelle retribuzioni e le famiglie sospinte sotto la soglia della povertà

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Non ci sono ricette facili per un mondo del lavoro che ovviamente è condizionato da mercati sempre più interdipendenti“. Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, affronta in ogni sua sfaccettatura le questioni spinose e complesse che costellano il mondo del lavoro e non esita a mettere i puntini sulle i laddove le lacune si fanno più profonde.

Nel suo intervento alla cerimonia di consegne delle Stelle al Merito del Lavoro per l’anno 2025, il Capo dello Stato elenca e fa fronte ai dossier taglienti di salari bassi, contratti pirata, squilibri, famiglie sotto la soglia della povertà, nonché di morti sul lavoro. Il tutto nell’ottica di riconoscere e ricordare che il lavoro è il motore della della crescita economica e sociale dell’Italia.

Ed è per questo che, il presidente della Repubblica ha invitato a guardare con occhio critico alle contraddizioni del mercato del lavoro nel Paese, in una prospettiva del tutto sociale, dove “la piena occupazione è un orizzonte che oltre la dignità riguarda la libertà“. Occupazione che deve garantire, rimarca Mattarella, ad ogni lavoratore “una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa“. Perché il salario rappresenta il principale strumento a disposizione del Paese per ridurre e combattere le disuguaglianze, per quello che definisce come “equo godimento dei frutti offerti, dall’innovazione, dal progresso“.

Uno scenario che, chiaramente, oltre al futuro dei cittadini italiani, riguarda anche quella serie di “dinamiche di mercato” che concorrono “ad ampliare squilibri nelle retribuzioni“, da dove “nasce un aspetto a cui non si può sfuggire quando tante famiglie sono sospinte sotto la soglia di povertà nonostante il lavoro di almeno uno dei componenti, mentre invece super manager godono di remunerazioni centinaia, o persino migliaia di volte superiori a quelle di dipendenti delle imprese“.

Anche se Mattarella non lascia passare in sordina “il trend positivo dell’occupazione“, mostrando “una società italiana in movimento“, tiene a galla anche la qualità del lavoro stesso che va aumentata “perché si manifestano aspetti problematici ed elementi critici che vanno regolati, per corrispondere alle finalità dettate dai valori della nostra convivenza civile“.

E in questo senso, il presidente Mattarella pone all’attenzione anche come la quota di reddito da lavoro, ovvero la quota del Pil destinata ai lavoratori sia significativamente scese a livello mondiale dal 2014 al 2024, diventando un tema che la Banca Centrale Europea segnala anche all’Italia. In sostanza, la robusta crescita post pandemia da Covid, “non è corrisposta la difesa e l’incremento dei salari reali, mentre risultati positivi sono stati conseguiti dagli azionisti e robusti premi hanno riguardato taluni fra i dirigenti“.

Uno squilibrio a tutti gli effetti, quindi, quello che il Capo dello Stato tiene a denunciare facendo piuttosto notare come siano le entrate fiscali dai dipendenti pubblici e privati, dai pensionati, a fornire al Paese il maggior volume di risorse. “Porre riparo, dalle parti sociali alle istituzioni, non deve consentire nell’inseguire politiche assistenziali quanto, piuttosto, essere scelta di sviluppo e, quindi, di lungimirante coesione sociale“, rimarca Mattarella che tra gli elementi di preoccupazione inserisce anche i contratti pirata, messi in luce da una recente indagine condotta da Confcommercio. L’inquilino del Quirinale si riferisce agli “oltre mille contratti collettivi nazionali di lavoro depositati al Cnel” che riguarderebbero 250 nei soli settori del turismo e del terziario.

Insomma, il presidente Mattarella fa risuonare dal Colle un monito doppio focale, al governo e alla classe dirigente nonché agli imprenditori stessi, ricordando che “l’unità del lavoro è stata una dei fattori più potenti della crescita dell’Italia“.

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