Il governo italiano si trova al centro di un acceso scontro con una parte della magistratura, accusata di essere “politicizzata” e di ostacolare l’azione dell’esecutivo. Il casus belli è una mail del sostituto procuratore della Cassazione, Marco Patarnello, pubblicata da Il Tempo. In questo messaggio, Patarnello afferma che la premier Giorgia Meloni, non avendo inchieste giudiziarie a suo carico, agisce per “visioni politiche”, rendendola così “molto più forte e pericolosa“. La stessa Meloni ha rilanciato questo passaggio, commentandolo con un secco: “Così parla un esponente di Magistratura democratica”.
La tensione tra politica e magistratura è cresciuta ulteriormente con l’intervento di Elly Schlein, leader del Partito Democratico, che ha attaccato la premier accusandola di “vittimismo quotidiano”. In questo clima di scontro, il governo si prepara a varare un nuovo decreto legge durante il Consiglio dei ministri delle 18:00, volto a risolvere la controversia nata dalla recente decisione del Tribunale di Roma sul trattenimento dei migranti in Albania.
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Il nuovo decreto e le implicazioni sui rimpatri
La misura, in discussione nelle ultime ore, dovrebbe stabilire come norma primaria l’elenco dei “Paesi sicuri”, semplificando così il processo di rimpatrio dei migranti. Attualmente, questa classificazione è stabilita con decreto interministeriale, ma il governo punta a rafforzarla per evitare futuri ostacoli giuridici. Fonti della maggioranza indicano che si sta anche lavorando per far sì che i ricorsi contro le decisioni sui trattenimenti vengano trattati dalle Corti d’Appello, un’ipotesi che ha già suscitato l’allarme dei presidenti di queste Corti, alle prese con personale ridotto e carichi di lavoro crescenti.
Le polemiche si inseriscono nel contesto di una sentenza del Tribunale di Roma, che ha giudicato illegittimo il trattenimento dei migranti in Albania. Il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha definito la sentenza “abnorme“, mentre l’Unione delle Camere Penali ha difeso i giudici, sostenendo che si siano “limitati ad applicare la normativa europea”.
Scontro istituzionale: la magistratura risponde
Il presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati (ANM), Giuseppe Santalucia, ha espresso preoccupazione per il clima di tensione crescente, denunciando “toni di aggressione” nei confronti del lavoro della magistratura. Secondo Santalucia, la magistratura non ha fini politici, ma si limita a garantire il rispetto dei diritti e delle leggi.
Il Quirinale, intanto, segue con attenzione lo sviluppo della vicenda. Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha lanciato un appello alla prudenza, ricordando che la questione va oltre il conflitto tra governo e magistratura e tocca anche aspetti cruciali per la gestione delle migrazioni in Europa. Questo tema, infatti, è centrale nell’agenda della nuova Commissione Europea.
Le accuse di “deriva politica” della magistratura
Sul fronte della maggioranza, il senatore Maurizio Gasparri ha definito “eversiva” la mail di Patarnello, chiedendosi se il capo dello Stato, in qualità di presidente del Consiglio Superiore della Magistratura, possa “tollerare” simili affermazioni. Anche Tommaso Foti, capogruppo di Fratelli d’Italia, ha espresso preoccupazione per la “mancanza di terzietà” della magistratura, denunciando una “deriva” delle cosiddette “toghe rosse“.
Di fronte a queste accuse, Santalucia ha ribadito che si tratta di “maliziose interpretazioni” e che nessun magistrato ha mai avuto intenzione di opporsi politicamente al governo. La magistratura, ha concluso il presidente dell’ANM, è preoccupata per gli attacchi ricevuti, sottolineando che i giudici hanno semplicemente applicato la legge e rispettato le normative europee.
L’alta tensione tra governo e magistratura non sembra destinata a placarsi nel breve termine, con ripercussioni che potrebbero influenzare non solo il dibattito politico interno, ma anche le relazioni internazionali, soprattutto in tema di migrazioni. Mentre l’esecutivo lavora al decreto sui rimpatri, il conflitto con una parte della magistratura rischia di inasprirsi ulteriormente, con effetti potenzialmente significativi per l’equilibrio istituzionale del Paese.
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