Antichi Telai 1894

Ius Scholae, la promessa d’estate che agita il centrodestra

Forza Italia rilancia la cittadinanza per chi ha completato un ciclo scolastico in Italia. Ma tra distinguo, freni e retromarce, il governo si scopre più fragile

4 Min di lettura

È diventata quasi una tradizione estiva: come l’anticiclone africano, anche lo Ius Scholae torna puntuale a far sudare la politica italiana. Proprio come un anno fa, l’idea di concedere la cittadinanza italiana a chi ha completato un intero ciclo scolastico nel nostro Paese riemerge nel pieno della stagione politica estiva. Ma a differenza del 2024, quando si spense nel cassetto delle buone intenzioni, oggi potrebbe trasformarsi in un banco di prova per la tenuta stessa della maggioranza.

Il punto di partenza è la proposta azzurra che prevede dieci anni di frequenza scolastica in Italia – quindi il superamento completo della scuola dell’obbligo – come requisito per ottenere la cittadinanza. Un impianto più severo rispetto al disegno del Partito Democratico, che abbassa la soglia a cinque anni e include anche la scuola dell’infanzia. Tuttavia, la notizia non è tanto nella formulazione tecnica, quanto nell’apertura di Forza Italia al confronto in Parlamento. Una disponibilità che ha colto di sorpresa molti osservatori e, soprattutto, ha suscitato malumori evidenti tra gli alleati di governo.

Lega e Fratelli d’Italia, da sempre contrari a qualunque revisione della legge sulla cittadinanza, non hanno fatto mistero della propria irritazione. Il capogruppo leghista in Commissione Cultura, Rossano Sasso, ha definito la proposta “irricevibile e tecnicamente sbagliata”. Ancora più tranchant la responsabile immigrazione di Fratelli d’Italia, Sara Kelany: “La legge sulla cittadinanza per noi va bene così, e va bene così anche per i cittadini italiani”.

In questo clima, Antonio Tajani ha provato a mantenere l’equilibrio, annunciando la richiesta di incardinamento del testo a Palazzo Madama ma precisando, subito dopo, che “la riforma della giustizia è la priorità assoluta, poi tutto il resto”. Parole che sanno di prudente retromarcia, forse imposta dal pressing interno al centrodestra.

Eppure, il segnale lanciato da Forza Italia è stato raccolto con attenzione dalle opposizioni. “Vediamo se fanno sul serio o è il solito bluff”, ha commentato Pierfrancesco Majorino (Pd), mentre il leader del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte ha incalzato: “Se non è una chiacchiera agostana, facciamolo subito”. Anche Carlo Calenda e Matteo Renzi hanno espresso il loro sostegno al principio, pur senza rinunciare alle stoccate a Tajani.

Il punto è che, almeno sulla carta, i numeri potrebbero esserci. Una convergenza trasversale con le opposizioni potrebbe portare all’approvazione della riforma anche senza il consenso unanime della maggioranza. E qui si apre il vero nodo politico: lo Ius Scholae come cartina di tornasole della coesione del governo. Non a caso, fonti di vertice di Fratelli d’Italia hanno mal digerito l’invocazione dell’articolo 6 del programma elettorale da parte di Tajani – che parla genericamente di “integrazione” – bollata con la locuzione latina “In claris non fit interpretatio”: ciò che è chiaro, non va interpretato.

Sotto la superficie, insomma, lo Ius Scholae rischia di diventare molto più che una proposta di legge: un elemento potenzialmente divisivo in una maggioranza già attraversata da tensioni sul terzo mandato e su altri temi sensibili. E mentre la politica si interroga, tra tattiche parlamentari e calcoli di consenso, restano sospesi nel limbo migliaia di giovani nati o cresciuti in Italia, italiani di fatto ma non di diritto, che attendono – da anni – che il Paese riconosca ciò che la realtà quotidiana già certifica.

© Riproduzione riservata

TAGGED:
Condividi questo Articolo
Way Technological Systems