Lega e Forza Italia. Rottamazione e taglio delle tasse al ceto medio. L’unico caso in cui cambiando l’ordine degli addendi il risultato cambia. Sì, perché sono mesi che nel centrodestra i due vicepremier Matteo Salvini e Antonio Tajani si fronteggiano nel duello del fisco, tanto da richiedere ora l’intervento diretto del mitigatore, il Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. Lo scontro aveva dispiegato per la prima volta le ali a fine anno con l’esame della legge di bilancio proseguendo poi nelle ultime settimane. E a ogni proposta del leader del Carroccio sulla senatoria decennale delle cartelle, il condottiero azzurro ricordava l’esigenza opprimente di tagliare di almeno due punti l’aliquota Irpef al 35% per i redditi da 28mila a 50mila euro.
La premier si è espressa a più riprese e in diverse occasioni proprio in queste ultime 24 ore. Prima è intervenuta a sorpresa agli Stati generali dei commercialisti, dove ha delineato quella che ritiene la retta via: “Il nostro lavoro non è finito: intendiamo fare più e concentrarci sul ceto medio, che è la struttura portante del sistema produttivo italiano. Vogliamo tagliare le tasse in modo equo e sostenibile“. Poi, ha presieduto il vertice della maggioranza durante cui si sono affrontati vari dossier tra tasse, terzo mandato e Ius Scholae, dove, consapevole delle tensioni, “a scanso di equivoci, voglio mettere in chiaro che non sono venuta qui per bacchettare nessuno“.
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E mentre Tajani plaude l’iniziativa del taglio dell’Irpef, ricordata dalla premier alla Nuvola di Fuksas, il Ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, predica di andare con i piedi di piombo. “Ci sono ancora due anni e mezzo” da qui alla fine della legislatura, quindi niente fretta. Una prudenza del titolare del Mef leghista che proviene di certo da un Salvini che nel corso del vertice a Chigi fa uscire una nota del Carroccio che ribalta la prospettiva.
La vera priorità è quella che chiama “pace fiscale“, ovvero la tanto sperata rottamazione delle cartelle in 10 anni, lotta leghista difesa a spada tratta. Meloni, però, ha fatto capire a cosa intenda dare precedenza tra Irpef e rottamazione, senza lasciare spazio a grandi interpretazioni, insieme ad un Tajani che a riunione terminata ripete ai cronisti: “Prima il taglio dell’Irpef, poi la rottamazione“. Gelido Salvini, che ribadisce come per il partito “la priorità è la pace fiscale con la rottamazione di milioni di cartelle esattoriali che bloccano l’economia“.
La premier ha difeso anche il concordato fiscale, definito più volte un flop dai leghisti, che significherebbe “tendere la mano a milioni di persone che per anni si sono sentite vessate e che hanno percepito il fisco come un nemico e non come un alleato“.
Perché però la Lega continua a puntare i piedi frenando sulle varie iniziative del governo? Semplice, è timorosa che non restino i margini per coprire la rottamazione in 120 rate. FdI e FI, comunque, non si sono mai dette contrarie a priori alla quinta sanatoria delle cartelle, ma hanno sempre sottolineato che deve essere sostenibile e destinata solo ai contribuenti in difficoltà economiche.
L’ultima parola tanto è chiaro, spetta alla premier. La sostanza non cambia, lo Stato, secondo Meloni, dovrebbe comportarsi come un padre di famiglia in grado di fare il bene di ogni componente con priorità, anche se dolorose, comunque necessarie. In poche parole, “usare i fondi con buonsenso e senza buttare i soldi dalla finestra, che è quanto abbiamo provato a fare in questi anni“.
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