Irene Pivetti: pm richiede una condanna a 4 anni di carcere per la truffa delle Ferrari

Il pm Giovanni Tarzia ha richiesto una condanna a quattro anni di reclusione per l'ex presidente della Camera, Irene Pivetti, accusata di evasione fiscale e autoriciclaggio. Il processo attualmente in corso riguarderebbe una serie di operazioni commerciali del 2016 del valore di circa 10 milioni di euro, in particolare la compravendita di tre Ferrari Granturismo, che secondo l'accusa sarebbero state utilizzate per riciclare proventi illeciti

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Pessimo periodo per Irene Pivetti: dopo essere stata rinviata a giudizio per il caso delle mascherine, ora rischia una condanna a 4 anni di carcere per evasione fiscale e autoriciclaggio. Oltre alla condanna dell’ex Presidente della Camera, la Procura ha chiesto altre tre condanne: tra queste, una a 3 anni per il pilota di rally ed ex campione di Gran Turismo, Leonardo “Leo” Isolani.

Il pm, nella sua richiesta, ha anche avanzato la proposta di una multa da 10mila euro per Pivetti, sottolineando che l’ex esponente leghista “ha avuto modo di conoscere le istituzioni dello Stato dall’interno” e, in quanto “terza carica dello Stato“, è “beneficiaria di un vitalizio pagato dai cittadini“, il che implica un’aspettativa di sensibilità agli obblighi di legge. Tuttavia, secondo il pm, Pivetti ha mostrato una “sostanziale mancanza di collaborazione“, avvalendosi della facoltà di non rispondere durante l’interrogatorio e offrendo una “ricostruzione confusa” delle vicende in aula. 

Sequestro multimilionario ai danni della Pivetti

Nel settembre 2022, la Cassazione ha confermato un sequestro di circa 3,5 milioni di euro nei confronti dell’ex parlamentare. L’inchiesta, condotta dal Nucleo di polizia economico finanziaria della Guardia di Finanza, ha ipotizzato un ruolo di intermediazione di Only Italia – società riconducibile a Pivetti – in operazioni del 2016 del Team Racing di Isolani, che mirava a nascondere al fisco alcuni beni, tra cui le tre Ferrari.

Secondo l’accusa le auto sarebbero finite al centro di una finta vendita al gruppo cinese Daohe per essere invece trasferite in Spagna, per esser vendute effettivamente. L’unico “bene realmente ceduto ai cinesi“, secondo il capo di imputazione, sarebbe stato “il logo della Scuderia Isolani abbinato al logo Ferrari“. L’obiettivo di Pivetti sarebbe stato quello di acquistare il logo Isolani-Ferrari per rivenderlo al gruppo Daohe a un prezzo dieci volte superiore, senza apparire in prima persona.

Ferrari

Il pm ha messo in evidenza la “natura simulata dei contratti” e l’uso di società come “schermo giuridico“, descrivendole come “scatole vuote, del tutto inconsistenti“. Le altre richieste di condanna riguardano Manuela Mascoli, moglie di Isolani, e sua figlia Giorgia Giovannelli, per la quale è stato chiesto il riconoscimento delle attenuanti generiche. Il processo non è però ancora terminato, si attende ora l’arringa della difesa di Pivetti prevista per il 27 giugno.  

Irene Pivetti: lo scandalo delle mascherine

I guai giudiziari di Pivetti non si esauriscono con il caso delle Ferrari. L’ex presidente della Camera risulta ancora implicata nel famoso caso delle mascherine, e nella giornata di ieri, il pubblico ministero ha richiesto il rinvio a giudizio per Pivetti. Le accuse sono di frode in forniture pubbliche, bancarotta, appropriazione indebita, riciclaggio e autoriciclaggio. Nello specifico, l’accusa riguarda la compravendita di mascherine dalla Cina durante la pandemia di COVID-19, per un valore totale di 35 milioni di euro, di cui solo una parte sarebbe stata consegnata. Inoltre, tali mascherine sono state giudicate di qualità scadente e prive di marchio CE autentico.

Un crimine particolarmente odioso se si considera che il presunto tentativo di frode è avvenuto in un periodo particolarmente delicato della storia recente del nostro paese, speculando sull’urgente bisogno di attrezzature mediche di primissima necessità in contesti lavorativi maggiormente esposti al contatto con il virus: le strutture sanitarie. Ben 13 parti civili si sono costituite contro Pivetti e gli altri imputati, tra cui: il Ministero dell’Interno, l’Agenzia delle Dogane, l’Agenzia delle Entrate e diverse strutture ospedaliere che hanno ricevuto le mascherine difettose.

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