“Se dico che abbiamo preoccupazione, non significa che abbiamo già il nemico alle porte“. Così, il Ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, rassicura che l’attivazione e il rafforzamento della sicurezza massima nel Paese sia un’azione di prassi ogni volta si palesi una tensione di carattere internazionale. Proteste estemporanee che si uniscono alle manifestazioni di piazza autorizzate, la saldatura tra frange estreme dei movimenti antagonisti e di quelli pro Gaza con il pericolo di radicalizzazione di soggetti, sono, difatti, i principali timori che si stanno sollevando dall’alta tensione innescata dall’offensiva militare israeliana contro i siti nucleari iraniani.
Una condizione che induce a prendere precauzioni anche nel Paese con misure rafforzate sugli obiettivi sensibili, in quanto la crisi in Medio Oriente apre in Italia fronti che potrebbero incidere, come mai prima sulle misure di sicurezza che saranno approntate nelle prossime settimane. Di sottofondo, inoltre, la principale preoccupazione: la formazione di cellule terroristiche.
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E per questo ventaglio di minacce e timori, il capo del Viminale ha dispiegato i prefetti nel monitorare con attenzione la situazione in vista anche delle prossime manifestazioni in calendario. Proprio ieri, si è riunito il vertice a Palazzo Chigi convocato dal Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, per “fare il punto” con i direttori delle agenzie d’intelligence e i diversi ministri coinvolti: dal titolare degli Esteri, Antonio Tajani, l’altro vicepremier Matteo Salvini, ai ministri della Difesa Guido Crosetto, dell’eEconomia Giancarlo Giorgetti e ai sottosegretari alla presidenza Giovanbattista Fazzolari e Alfredo Mantovano, autorità delegata ai Servizi.
Al vertice ha fatto seguito la convocazione al Viminale del Comitato nazionale per l’ordine pubblico e la sicurezza, sede in cui è stato deciso di alzare la vigilanza sui cosiddetti “obiettivi sensibili“, tra cui le “sorvegliate speciali“, ovvero le sedi diplomatiche o culturali dei due Paesi in conflitto, Israele e Iran.
Insomma, alta tensione in Medio Oriente che si somma a quella del conflitto di Russia e Ucraina e della crisi a Gaza, e che si rispecchia inevitabilmente sull’Italia dove però si mantiene il sangue freddo e si agisce con strategia, vigilanza e coordinamento attivo. Perché come avvertito da Piantedosi, “esiste la possibilità che si rimetta in moto il circuito che ha portato alcuni a radicalizzarsi” nell’ambito della protesta contro Israele, “e che ci si possa trovare di fronte a un pericolo più strutturato“, di atti di violenza sul territorio nazionale favoriti anche “dalla sommatoria fra gruppi estremisti legati all’antagonismo e quelli Pro Pal“. Quindi, rafforzate le misure di controllo sugli obiettivi sensibili, resta di vitale importanza.
In sostanza, da Nord a Sud, i cosiddetti obiettivi sensibili sarebbero più di 28.707, 4 mila dei quali solo nella Capitale, e di questi 400 di massima sicurezza. Sedi istituzionali, ambasciate monumenti edifici di culto, aeroporti, porti stazioni ferroviarie e metropolitane, uffici delle compagnie aeree, San Pietro con il Giubileo in atto, il Ghetto storico di Roma, le comunità ebraiche in tutta Italia, come anche quelle musulmane, sono al centro del mirino della sicurezza nazionale.
Insieme anche altri luoghi che potrebbero essere considerati obiettivi meno tradizionali, e per questo potrebbero passare in sordina ai ferrei controlli, come ad esempio, aziende, infrastrutture, ma anche manager e dipendenti israeliani oppure collaboratori con Israele, alcuni dei quelli peraltro già più volte citati negli ultimi mesi nel corso delle proteste pro Pal e delle università italiane.
Immediato rafforzamento, quindi, delle misure di prevenzione e dei dispositivi di vigilanza per consentire un costante monitoraggio della situazione e lasciando attivo il tavolo di coordinamento. E l’obiettivo principale resta uno: tenere sotto massimo controllo le proteste pro Palestina che potrebbero deviare in pro Iran fino al pro Hamas, dove l’attacco di Israele contro l’Iran potrebbe causare il passaggio dei gruppi antisemiti alla difesa del regime degli ayatollah.
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