Il ministro relaziona al Senato e ottiene l’approvazione anche di Azione e Italia Viva: “I mafiosi al telefono non parlano di reati. Salvaguardare chi non è indagato e finisce sui giornali”
Distinguere le intercettazioni che coinvolgono persone non indagate, e che spesso finiscono sui giornali per altri scopi, da quelle che sono utilizzate a fini di indagine. Si basa su questo presupposto lo schema che il ministro della Giustizia Carlo Nordio, che oggi ha parlato in Senato presentando lo stato dell’arte dopo la cattura di Matteo Messina Denaro.
La cattura di Messina Denaro: il video
Una cattura che in queste ore solleva anche critiche politiche proprio sulla annunciata rivoluzione sulle intercettazioni telefoniche. Tema che negli ultimi anni, soprattutto dopo l’arrivo dei dispositivi Trojan sui cellulari, ha trovato ampio spazio nel dibattito politico.
Le priorità di Nordio
“Andremo avanti sino in fondo – ha spiegato Nordio – non vacilleremo e non esiteremo. La rivoluzione copernicana sull’abuso delle intercettazioni è un punto fermo del nostro programma, ma non ci saranno invece mai interventi per limitare l’uso di questo strumento nelle indagini di mafia e terrorismo”.
Uno schema che dunque trova l’apprezzamento di Italia Viva e Azione, e che invece trova contrari Pd e Movimento Cinque Stelle. “Quando dico che i mafiosi non parlano per telefono – spiega Nordio – alludo al fatto che nessuno di loro al telefono abbia manifestato volontà di delinquere o espresso una parola che sia prova di un delitto: le captazioni servono soprattutto per individuare i movimenti delle persone sospettate di mafia e terrorismo. Altra cosa sono quelle giudiziarie che coinvolgono persone che non sono né imputate né indagate, e che attraverso un meccanismo perverso e pilotato finiscono sui giornali e offendono cittadini che non sono minimamente coinvolti nelle indagini”.