L’assemblea traccia la linea per il prossimo futuro dei Dem. Schlein: “Questo l’unico partito non personale”. Bonaccini: “Parliamo al Paese, non a noi stessi”
Si chiude ufficialmente l’era Enrico Letta e ora la sfida è a quattro, con in più il ritorno degli ex Articolo 1. Questo il mosaico che il Partito Democratico ha messo sul tavolo dell’assemblea di sabato, coincisa con l’approvazione del Manifesto dei valori del nuovo Pd. Una carta che avrà il compito – non certo facilissimo – di disegnare il “nuovo partito” che in tanti, all’interno del partito, reclamano. A cominciare da Stefano Bonaccini, il quale anche sabato è tornato a sottolineare che “serve un nuovo partito, non un nuovo segretario”.
Fine dell’era Letta
Di fatto l’assemblea segna la fine della segreteria Letta. “Tengo per me le ingenerosità – ha detto – ma esco più innamorato del Pd di quando ho cominciato”. Letta ha poi salutato con favore il ritorno del segretario di Articolo Uno, Roberto Speranza, il quale ha spiegato che “di fronte a questa destra l’unità a sinistra non è un’opzione ma una scelta politicamente e moralmente obbligatoria”.
Lo scontro a quattro
In corsa per la segreteria ci sono dunque Stefano Bonaccini, Elly Schlein, Gianni Cuperlo e Paola De Micheli. Dei quattro, ne resteranno due dopo il voto nei circoli, per arrivare alle primarie fissate al 26 febbraio. “Lo sforzo delle prossime ore – ha spiegato Bonaccini – sarà parlare al Paese e non a noi stessi, cercando di richiamare quelle persone che se ne sono andate e hanno anche votato a destra. Per me è inconcepibile per una forza progressista e riformista, perché senza impresa non c’è lavoro”. Schlein ha battuto un tema caro anche a Letta: “Questo è l’unico partito non personale ed è un valore che va difeso con i denti, come quello del pluralismo. Dobbiamo fare in modo di tenere insieme questa comunità larga, ma con una direzione chiara”. De Micheli si è ritagliata il ruolo di “sindacalista degli iscritti, perché nessuna organizzazione può vivere senza la valorizzazione dei suoi soci”. Da Cuperlo un richiamo all’orgoglio: “So che tra noi non ci sono né Sturzo né Gramsci.