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Harvard, blocco delle iscrizioni agli studenti stranieri: l’ateneo fa causa a Trump

"La decisone dell'amministrazione viola il primo emendamento", questa la motivazione espressa nell'azione legale dell'ateneo. La nuova stretta del tycoon è rivolta anche agli studenti già iscritti che dovranno scegliere se lasciare l'ateneo o perdere il proprio visto

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Nuovo affondo del Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, che si concede un’altra stoccata ad Harvard, revocando all’ateneo la possibilità di iscrivere studenti internazionali. La maglia quindi continua a stringersi per l’università che il tycoon ha già privato di miliardi di dollari di finanziamenti, avviando l’escalation nella nuova battaglia legale.

In realtà, annunciando la revoca della certificazione del programma per studenti e visitatori stranieri, il Dipartimento per la Sicurezza Nazionale puntualizza che gli studenti stranieri già iscritti ad Harvard si vedono di fronte ad un bivio al quanto scomodo: trasferirsi o perdere il loro status legale. A stretto giro arriva la spiegazione alla scelta attuata, che il Dipartimento declina nella “leadership” che Harvard ha creato, ovvero “un ambiente universitario non sicuro consentendo ad agitatori antiamericani e filo-terroristi di molestare e aggredire fisicamente individui – molti studenti ebrei – e di ostacolare in altri modi il suo un tempo venerabile ambiente di apprendimento“.

Harvard si muove per vie legali

A stretto giro è arrivata la contromossa dell’ateneo che ha deciso di fare causa all’amministrazione Trump. Nell’azione legale l’università spiega che la decisione dell’amministrazione viola il primo emendamento. “Condanniamo” la scelta “illegale e ingiustificata”, sentenzia il presidente di Harvard, Alan Garber, in una nota, sollevando come l’azione dell’amministrazione metta “a repentaglio il futuro di migliaia di studenti e studiosi di Harvard e serve da monito per innumerevoli altri college in tutto il Paese“.

L’ateneo si è prontamente mosso schierandosi dalla parte degli studenti stranieri dicendosi pienamente impegnato “a mantenere la sua capacità di ospitare studenti e studiosi internazionali da oltre 140 Paesi e ad arricchire l’università“. Questa azione di ritorsione minaccerebbe di arrecare gravi danni alla comunità universitaria, oltre che “al nostro Paese e mina la missione accademica e di ricerca di Harvard“.

Pechino replica: “Le misure danneggeranno l’immagine e la credibilità Usa”

La decisione, inoltre, sarebbe stata presa in quanto, a detta del Dipartimento per la sicurezza nazionale, i vertici dell’università sarebbero coordinati con il Partito Comunista cinese. Su questa accusa, è insorto il portavoce del Ministero degli Esteri cinese, Mo Ning, respingendo ogni attacco e diffamazione infondata contro il Paese. Il 20% dei 7.000 studenti internazionali iscritti ad Harvard sono cittadini cinesi, infatti, il Paese del Dragone “tutelerà fermamente i diritti e gli interessi legittimi degli studenti e degli studiosi cinesi all’estero”.

Per il governo, la decisione dell’amministrazione trumpiana, “non farà altro che danneggiare l’immagine e la credibilità internazionale degli Stati Uniti“, considerando che “la cooperazione educativa tra Cina e Stati Uniti è reciprocamente vantaggiosa“. La presa di posizione di Pechino critica di fatto le misure di Washington definendole “illegali” e sollecitandone il ritiro il prima possibile. Anche perché, a detta del portavoce Ning, la parte cinese – nel rapporto con gli Usa sulle possibilità di studio reciproche – “si è costantemente opposta alla politicizzazione della cooperazione educativa“.

Il Ministero Usa avverte: “Lo stop di Trump potrebbe ampliarsi ad altri college”

Kristi Noem, Segretario della Sicurezza Interna degli Stati Uniti d’America e quindi alla guida del Ministero, aveva dato ad Harvard il tempo massimo di fine aprile per denunciare tutti gli iscritti che avrebbero compiuto “azioni illegali e violente“. E ora, a quasi un mese di distanza dalla scadenza del termine ultimo, Noem non esita a mettere alle strette l’università in nome dell’antisemitismo e contro le politiche ispirate a “diversità, equità ed inclusione“.

Questa amministrazione sta ritenendo Harvard responsabile per aver fomentato violenza, antisemitismo e per essersi coordinata con il Partito Comunista Cinese nel suo campus“, scandisce la Segretaria della Sicurezza Interna puntualizzando come iscrivere studenti stranieri e beneficiare delle loro tasse universitarie più elevate, siano un “privilegio, non un diritto“. A detta di Noem, tra le altre cose, i fondi concessi contribuirebbero ad aumentare i loro “fondi multimiliardari“.

Spiegando che la leadership di Harvard avrebbe creato un ambiente universitario non sicuro, “consentendo agli agitatori antiamericani e filo-terroristi di molestare e aggredire fisicamente individui”, la segretaria Noem lancia l’avvertimento “a tutte le università“, che lo stop deciso dal Presidente Trump alle iscrizioni degli studenti stranieri ad Harvard potrebbe allargarsi ad altri college negli States.

Il taglio del tycoon alle sovvenzioni per Harvard

In base a quanto ipotizzato dal New York Times, è probabile che ora Harvard passi al contrattacco con una nuova causa in risposta diretta alla stretta del l’inquilino della Casa Bianca, dopo quella avviata già lo scorso mese contro il tentativo del governo trumpiano di attuare modifiche alle sue pratiche di ammissione all’università e di assunzione.

Un’azione legale, che puntava a bloccare il congelamento e i tagli dei finanziamenti federali destinati all’università, a cui il tycoon aveva risposto lo scorso 6 maggio con l’annuncio del taglio delle sovvenzioni all’ateneo. L’amministrazione statunitense aveva cercato di piegare Harvard sul piano economico con una “semplice” notifica: non avrà diritto a nuove sovvenzioni federali destinate alla ricerca. Ma era stato specificato che tali tagli non avrebbero avuto alcun impatto sulle borse di studio federali né sui prestiti agli studenti.

Le condizioni che Trump aveva quindi imposto, con quelle che l’ateneo ha definito essere “pressioni politiche e ideologiche dell’amministrazione trumpiana“, includono la riforma dei vertici universitari, modifiche alle politiche di ammissione e la sorveglianza dei club studenteschi, oltre a un audit ideologico sui programmi di diversità, equità e inclusione.

Tra le condizioni imposte figurava anche la nomina di un supervisore esterno incaricato di garantire il pluralismo di vedute nei dipartimenti accademici, una misura interpretata dall’ateneo come un tentativo di subordinare l’autonomia accademica a direttive governative.

Gli stranieri iscritti all’ateneo

Andando a considerare alcuni dati in merito agli iscritti ad Harvard, gli studenti stranieri ammonterebbero a circa 6.800 solo quest’anno, quindi il 27% del totale, una cifra in aumento rispetto al 19,7% del 2010. In dettaglio, alcuni di loro sono ammessi con sovvenzioni e altri pagano l’intera retta di 83 mila dollari. Gli italiani che hanno mandato domanda sarebbero 500 ma solo tre sono riusciti ad entrare, che secondo i dati di Uni Student Advisors, l’organizzazione che li ha aiutati a inviare l’iscrizione, sarebbero tutti con borse di studio.

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