Il Cavaliere si schiera contro il voto anticipato e attacca i grillini: «Fanno teatrini in una stagione politica in cui non possiamo permetterceli». Parole dure anche contro il centrosinistra delle grandi intese voluto da Letta: «Voleva un campo largo, ma sembra sempre più un campo santo»
Silvio Berlusconi non ha dubbi sulla maggioranza: i numeri giusti per il governo Draghi ci sono anche senza il supporto del Movimento 5 Stelle. Il Cavaliere, intercettato da “La Stampa” per un’intervista, non mostra parole di supporto per i grillini: «Non è possibile che ogni giorno una delle maggiori forze politiche che dovrebbe sostenere l’esecutivo si dissocia fino a non votare».
«Ero convinto che tutte le forze che hanno accettato di fare parte del governo avessero compiuto un gesto di responsabilità e maturità nell’interesse del Paese, mettendo da parte calcoli elettorali e teatrini, che in una stagione così grave non ci possiamo permettere – continua il presidente di Forza Italia – Purtroppo capisco che non è così. I Cinque Stelle rischiano di fallire ancora una volta l’esame di maturità».
I pentastellati sono stati la risposta sbagliata al momento giusto della politica italiana, con grandi numeri ma poca esperienza, ammette il Cavaliere. Un ribellismo, sostiene, senza programmi o alcuna cultura, senza idee diverse da una linea molto confusa di antipolitica. Oggi è normale che una parte di elettorato sia stanca dei loro giochi.
Berlusconi ribatte sul suo supporto al governo Draghi, ma ammette di risentire del clima di instabilità dovuto alle continue tensioni: «Siamo stati i primi a volere questo esecutivo e abbiamo assunto l’impegno di sostenerlo fino al 2023. Non cambiamo idea. Ma è l’ultima volta che parteciperemo a un governo con i Cinque Stelle».
Palazzo Chigi avrà un nuovo inquilino prima della fine dell’estate? L’ex premier sembra non essere troppo d’accordo: Mario Draghi sarà l’ultimo presidente del Consiglio di questa legislatura. E sulle prossime elezioni afferma: «Io sono sempre a disposizione del mio Paese, ma non credo che discutere di un leader a distanza di un anno non sia molto utile».
Letta, Toti e le future coalizioni: «L’idea mi fa sorridere»
Le parole di Berlusconi non colpiscono solo il Movimento 5 Stelle, ma anche gli altri partiti dell’opposizione. Sul proposito di Enrico Letta e del Partito democratico di formare un grande schieramento di centrosinistra, il Cavaliere dice: «Il Pd spesso si atteggia a forza politica responsabile, istituzionale, credibile. Stavolta ha l’occasione di dimostrarlo. Vedremo se a Enrico Letta e ai suoi sta più a cuore il futuro del Paese o quello del campo largo. Che poi, viste le prospettive dei Cinque Stelle, somiglia sempre più a un camposanto».
Su Giovanni Toti, il presidente della Regione Liguria che recentemente ha espresso la sua volontà di raccogliere tutti i micropartiti centristi sotto l’unica bandiera del suo schieramento Insieme al Centro, Berlusconi non mostra grande supporto: «L’idea di un Grande Centro mi fa sorridere. Sarebbe l’ennesimo centro piccolo piccolo, affollato di leader senza seguito nel Paese, che avrebbero come unico obiettivo unificante quello di tentare di non farci raggiungere la maggioranza e poi contrattare con la sinistra dopo le elezioni».
«Naturalmente un tentativo del genere sarebbe destinato a fallire. Chi volesse davvero costruire un centro forte, credibile, di cultura liberale, cristiana, europeista, garantista nel solco del Partito popolare europeo può farlo con noi. Il mio invito rimane sempre valido», conclude il presidente di Forza Italia.
Salario minimo? No, grazie
Berlusconi non nasconde le sue remore sull’approvazione di una legge che contempli il salario minimo: «Non mi ha mai convinto. Come hanno spiegato autorevoli economisti, in certi casi può addirittura peggiorare le condizioni del lavoratore, perché la paga orario non è l’unico aspetto di un contratto di lavoro».
In Italia gli stipendi sono bassi, ma la soluzione al problema, per il Cavaliere, non è certamente questa via: «La strada per uscirne, che abbiamo indicato da tempo è solo una, si chiama taglio del cuneo fiscale, in modo da lasciare più risorse alle aziende ma soprattutto ai dipendenti».
Dunque sì a manovre per poter incrementare gli stipendi medi italiani, ma no al salario minimo che «come tutte le misure dirigiste, non risolverebbe i problemi», chiude, infine, Berlusconi.