Ha preso il via oggi a Roma la 15esima edizione del Salone della Giustizia che si svilupperà in 3 intense giornate. Tra gli interventi previsti all’apertura dell’evento spicca quello del ministro della Giustizia Carlo Nordio, il quale ha parlato di diversi argomenti, tra cui il tema caldo dell’interferenza tra potere politico e giudiziario.
Nordio: politica e magistratura separate
Il ministro della giustizia si è innanzitutto soffermato sulla necessità che i potere esecutivo e giudiziario restino separati, questione calda a causa delle recenti vicende di cronaca. “In un Pase ideale i magistrati non dovrebbero criticare la legge e i politici non dovrebbero criticare le sentenze” ha affermato, sottolineando come la vicenda “Mani pulite” abbia invece compromesso questa separazione di poteri. Il ministro si riferisce a una serie di indagini condotte dalle procure italiane negli anni ’90, che vertevano sulla collusione fra politica e imprenditoria.
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Per Nordio, dopo queste inchieste “per una retrocessione della politica, la magistratura ha di fatto occupato questo posto e da quel momento molte decisioni politiche sono state influenzate dalla magistratura, che si è permessa di criticare le leggi”. La soluzione è che i magistrati facciano un passo indietro per aspirare a una riconciliazione, dato che sono stati loro a dare il via a “questa esondazione”. Quindi devono smettere di criticare le leggi, come i politici devono smetterla di criticare le sentenze.
“Nel momento in cui adotti un codice anglosassone, la separazione delle carriere è una conseguenza inevitabile, altrimenti il sistema si inceppa. E il sistema da noi si è inceppato” ha sottolineato, precisando che il governo “non si sente affatto accerchiato dai giudici” e che la maggior parte dei magistrati fa bene il proprio lavoro. Ha annunciato che nei prossimi giorni sarà al congresso di Magistratura Democratica, dove pronuncerà “un discorso di conciliazione e collaborazione”. Ha inoltre ricordato l’incontro che ha avuto nei giorni scorsi con una delegazione dell’Associazione nazionale magistrati per parlare dei sistemi informatici nella giustizia, che ha definito “cordiale e costruttivo“, quindi la sua speranza è continuare “in questa direzione”.
Nordio: “Confronto con Pinelli costante”
Riguardo alle polemiche sull’incontro tra la premier Giorgia Meloni e il vicepresidente del Csm Fabio Pinelli, ha dichiarato che è “normale che
vi sia questa interlocuzione che non vulnera nessuna prassi o legge dello Stato”. Non crede quindi che ci sia “un’irritazione del Quirinale”. Lui stesso ha incontrato ieri il vicepresidente Pinelli: “L’interlocuzione è periodica perché, soprattutto in questo momento di riforme sulla IA, sulle modalità con cui essa può intervenire nell’organizzazione della giustizia, abbiamo interlocuzioni con lui, con il Csm, con il Consiglio nazionale forense e altre associazioni”.
Altri temi affrontati: dal decreto cyber all’elezione Trump
Il Guardasigilli ha parlato anche del decreto cyber per contrastare la criminalità cibernetica. “Abbiamo trovato una quadra” ha annunciato, precisando però di non sapere se “arriveremo al decreto per il prossimo Cdm, che è tra 12 giorni, ma non c’è un problema politico, è squisitamente tecnico”. In merito alle dimissioni dell’ex presidente ligure Giovanni Toti, Nordio ha affermato che secondo lui “non si sarebbe dovuto dimettere perché era sotto inchiesta”. Ha spiegato che esiste “la presunzione di innocenza, per cui una persona coinvolta nelle indagini penali salvo il reato di flagranza, ha il dovere di restare lì perché è stato deciso dagli elettori”.
Riguardo agli ultimi casi di cronaca caratterizzati dalla fuga di notizie sulla stampa, ha sottolineato che la colpa non deve essere data ai giornalisti, che svolgono solo il loro lavoro quando hanno in mano una notizia. Il problema sono i pm che devono vigilare che le news riservate non vengano diffuse. Passando all’argomento migranti, il Guardasigilli ha affermato che “i Paesi possono essere sicuri o sicuri solo in parte, non sicuri per determinate persone, ad esempio in base all’orientamento sessuale”. Ha quindi precisato che c’è la necessità di valutare caso per caso il motivo “per cui il Paese è considerato non sicuro, sulla base della situazione che riguarda il richiedente asilo”.
Il ministro ha infine commentato la fresca vittoria di Donald Trump come nuovo presidente degli Usa, dichiarando che “non cambierà molto, ciò che importa sono i rapporti strettissimi che legano i 2 Paesi”, Italia e Usa. L’Italia ha “un grande debito di riconoscenza con gli Stati Uniti, c’è una fortissima comunanza di valori”, ha aggiunto, affermando che “l’elettorato ha sempre ragione”. Quindi se ha vinto il repubblicano, vuol dire la maggior parte degli statunitensi lo ritiene la persona più adatta a governare il proprio paese.
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