Giuli, il “nemico” dello Strega: l’inquisizione politica apre il caso

Ministero della Cultura da un lato e Fondazione Bellonci dall'altro. Al centro, il Premio Strega, alla cui finale non si reca Alessandro Giuli. Un fatto divenuto caso, in cui la politica è entrata a gamba tesa, con falce e forconi in cerca dell'eretico

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Notte dello Strega o caccia alle streghe? Diventa un caso la mancata presenza del ministro della Cultura alla finale del più importante premio letterario italiano. Sul come e perché possa essere successo, al via il toto-opinioni. E’ opera di Alessandro Giuli, perché forse un po’ permaloso, un po’ furbastro e annoiato? O è una mossa della Fondazione Bellonci, organizzatrice del premio, perché un po’ in difetto, un po’ furbastra e fa la gnorri?

Ambiente scivoloso, come i termini che si usano e i precedenti che fanno da sfondo a questa nuova questione. Nel 2023, era il caso dell’allora ministro Gennaro Sangiuliano che da Villa Giulia, incalzato in diretta dalla comica Geppi Cucciari, rivelò di non aver letto la cinquina dei finalisti aprendo quella voragine tra Premio e dicastero divenuta un lesionato nervo scoperto. Quest’anno, il punto dolente viene toccato dalla “sgrammaticatura istituzionale” della Fondazione – come l’hanno definita dal Mic – del mancato invio dei libri finalisti al ministro del settore.

E Giuli, che ha capito che deve dosare il suo spirito con il contagocce, riferisce in Aula: “Sono stato sì invitato alla serata della premiazione – con un “biglietto volante – ma non ho ricevuto, a differenza del passato, nemmeno un libro candidato“. E ancora: “Si vede che mi considerano un ‘nemico della domenica’. A me risulta che in genere gli Amici della domenica ricevano i libri del Premio Strega, li leggano, come io ho fatto quando ero considerato tale, e poi diano il loro voto“.

Questo ricordo del precedente, Giuli sapeva che sarebbe stato la miccia per scatenare il caso e poter assistere ad alleati e opposizioni affondarsi vicendevolmente. “Mi preferivano Amico della domenica, amico dello Strega quando non ero ministro“, ribadisce il ministro glissando a La Stampa con un “non era desiderata la mia partecipazione. Nulla di grave” e puntualizzando: “Ma che cosa vado a fare alla serata finale se non ho potuto leggere i libri finalisti?“. “Tutto qua”, minimizza, idealmente sistemandosi la cravatta, riconoscendo di non essere “neanche giurato, non ho più alcun titolo evidentemente. Pazienza, i libri me li compro“.

A stretto giro, arrivano le difese e la smentita di quella che è stata bollata come tesi capziosa dal presidente della Fondazione, Stefano Petrocchi che subito precisa che i rapporti con il ministro “sono sempre stati amichevoli“. Poi spiega l’accaduto: “Non gli abbiamo inviato i libri del Premio perché chiediamo agli editori di spedirli unicamente alla giuria, da cui si è dimesso il giorno stesso della sua nomina al ministero della Cultura“.

Ma, la Fondazione resta disponibile e “qualora Giuli volesse tornare a far parte della giuria ne saremmo ugualmente onorati“. Una disponibilità che il Mic, invece, percepisce come un mancato pensiero di reinventare formalmente Giuli a far parte della giuria come ministero della Cultura. Ecco qui, patatrac: per il Collegio Romano, Petrocchi ha declassato lo Strega, allontanandolo dal suo naturale referente istituzionale. Una decisione che, secondo il Mic, mostra una mancanza di “elasticità” dai vertici della kermesse che da regolamento inviano volumi esclusivamente agli Amici.

Ed è guerra tra permalosi, o forse no. Magari è tutto teatro. E la politica non resta spettatrice passiva, anzi interviene come chi ha pagato il biglietto nella sua interezza. Appunto, ambiente scivoloso, come un unguento, che tiene banco anche al question time di Giuli alla Camera. Attenzione, però, perché si può cadere sulla buccia di banana che si voleva aggirare.

Dagli scranni degli esponenti del M5s della Commissione parlamentare cultura si affonda sul predecessore di Giuli, Gennaro Sangiuliano che “andava al Premio Strega senza aver letto i libri” e sull’attuale ministro che “invece ha deciso di non partecipare proprio perché non avrebbe ricevuto i libri”. Mentre, dal responsabile Cultura di FdI, Federico Mollicone, si nota come sia “singolare che un ministro della Cultura sia stato escluso dalla lista della Giuria, non parliamo di atti formali ma di prassi consolidate e ricorrenti“. E Irene Manzi del Pd attacca dicendo che il ministro “sembra perseguire la linea dello scontro per smascherare la propria inadeguatezza“.

Forse solo questo tipo di opposizione e questo tipo di maggioranza, potevano cadere nella polemica di Giuli che non va allo Strega “perché non ha ricevuto i libri“. E forse solo questo tipo di opposizione poteva farsi ubriacare dalla narrativa di un FdI che ha tempo di denunciare “l’epurazione di Giuli allo Strega” e finisce per litigare con se stesso. Insomma, sintomi gravi per la cultura italiana: forconi sempre imbracciati e fuoco sempre ardente per la sistematica ricerca di nemici con sospetti infondati e pregiudizi ingiustificati. Una storia da Premio Strega.

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