Il rapporto Blue Book 2022, che analizza ogni anno l’andamento della gestione e consumo delle reti idriche, evidenzia che, nonostante i grandi investimenti operati negli ultimi anni, ancora molti sono i passi per poter competere con le altre nazioni europee. Nel frattempo, il PNRR stanzia oltre 3,5 milioni per le aziende del settore
Lo scenario presentato nel rapporto Blue Book 2022, sulla gestione e il consumo di acqua in Italia, pubblicato dalla Fondazione Utilitas in collaborazione con Istat e la Cassa depositi e prestiti, non è proprio del tutto roseo per il nostro Paese.
Nella Giornata mondiale dell’Ambiente, che cade ogni 5 giugno, il bilancio è un monito a un uso più responsabile.
Se da un lato crescono i soldi pubblici concessi al settore idrico – dal 2017, infatti, gli investimenti sono cresciuti del 22% – dall’altro versante persiste il divario con le altre nazioni europee. Anche il gap fra nord e sud Italia sia in termini di spesa che di qualità del servizio è significativo.
L’italia si attesta come Paese a stress idrico medio, con un indice di sfruttamento delle acque vicino al 16%. Il dato è in linea con le vicine Francia e Germania ma, a differenza delle nazioni d’oltralpe, la nostra comunità ha il tasso di consumo pro-capite più alto di tutto il continente – con circa 236 litri per abitante.
Anche gli investimenti salgono notevolmente: nel biennio 2020-21 si stimano che circa 49 euro pro-capite sono stati messi sul tavolo per le società di gestione della rete idrica. Anche su questo fronte, però, la media europea è pressoché duplicata, con 100 euro a persona. Il divario è ancora più accentuato se si considera che nel sud Italia la cifra sfiora appena i 35 euro.
Sul fronte delle perdite dalle condotte, nel Mezzogiorno esse sono superiori al 50% – rispetto al 40% della media nazionale.
Quali investimenti? Fra il PNRR e gestione ottimale
Il rapporto Blue Book 2022 evidenzia che un’ottima amministrazione della risorsa idrica è un obiettivo imprescindibile, anche alla luce dei cambiamenti climatici e dei suoi impatti sull’ambiente.
La gestione ottimale delle risorse si realizza attraverso l’assetto di governance con le realtà del territorio.
In questo senso il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza destina alla tutela ambientale 4,4 miliardi di euro, di cui 3,5 solamente per le aziende del servizio idrico. Il fine è quello di riuscire a garantire la sicurezza, l’approvvigionamento e il controllo in modo sostenibile di tutte le risorse di acqua nel suo intero ciclo.
«Il PNRR rappresenta una grande occasione: l’impegno messo in campo in questi mesi dal governo per una gestione più efficiente della risorsa idrica è di fondamentale importanza. Si tratta di una mole significativa di investimenti che potrà contribuire, da un lato, a colmare il divario infrastrutturale del Sud, e dall’altro lato a rendere le reti più resilienti di fronte agli effetti della crisi climatica», afferma sull’argomento Micaela Castelli, presidente di Utilitaria, Federazione delle imprese italiane dei servizi pubblici che operano nei settori acqua, ambiente, energia elettrica e gas.