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Gaza, colloqui in corso a Sharm el-Sheik: al-Sisi ha invitato Trump alla cerimonia della firma dell’accordo

Una fonte di Hamas ha poi specificato che "i negoziati si sono concentrati sui meccanismi per attuare la fine della guerra, il ritiro delle forze di occupazione dalla Striscia di Gaza e lo scambio di prigionieri". Si tratta effettivamente dei punti più spinosi di questo progetto, su cui entrambe le parti in guerra hanno espresso numerosi dubbi

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I colloqui a Sharm el-Sheik sulla fine del conflitto a Gaza sono ancora in corso, eppure già si pensa alle conseguenze di un possibile accordo di pace. Il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi ha infatti invitato Donald Trump alla cerimonia della firma dell’accordo tra Israele e Hamas in Egitto, nel caso in cui venisse confermato. A riferirlo sono i media arabi, che hanno specificato come il presidente egiziano abbia annunciato che i colloqui proseguono in maniera positiva.

Sarebbe meraviglioso avere il presidente degli Usa“, ha dichiarato al-Sisi nel suo intervento a una cerimonia di laurea della polizia nella parte orientale del Cairo. Intanto, oggi, dopo l’arrivo degli statunitensi Steve Witkoff e Jared Kushner, è arrivato a Sharm el-Sheik anche il ministro israeliano per gli Affari Strategici Ron Dermer per  partecipare ai negoziati.

Oggi è inoltre giunta la notizia dello scambio delle “liste dei prigionieri da rilasciare” tra le due parti. La notizia è stata confermata all’Afp da un leader di Hamas, che ha sostenuto come “l’ottimismo prevalga tra tutte le particoinvolte nei colloqui. Secondo Taher al-Nunu, che fa parte della delegazione di Hamas a Sharm el-Sheikh, i mediatori starebbero “facendo grandi sforzi per rimuovere qualsiasi ostacolo all’attuazione del cessate il fuoco“, così che “lo spirito di ottimismo prevalga tra tutti“.

Gaza, come proseguono i negoziati per la pace nella Striscia

A due anni dallo scoppio del conflitto, il piano in 20 punti di Donald Trump sembra effettivamente l’ultima speranza per Gaza. Accettato da Israele, Hamas, Europa e anche molti Paesi islamici, il piano porterebbe alla pacificazione del territorio e alla sua ricostruzione, seppur con qualche difficoltà nell’applicazione di un governo transitorio gestito a livello internazionale.

Una fonte di Hamas ha poi specificato che “i negoziati si sono concentrati sui meccanismi per attuare la fine della guerra, il ritiro delle forze di occupazione dalla Striscia di Gaza e lo scambio di prigionieri“. Si tratta effettivamente dei punti più spinosi di questo progetto, su cui entrambe le parti in guerra hanno espresso numerosi dubbi. Dopo la consegna delle liste di prigionieri, quindi, i negoziati proseguiranno per garantire la riuscita dell’accordo.

Il piano risulta comunque piuttosto fragile. In ogni momento, nel corso dei colloqui, una delle due parti potrebbe decidere di svincolarsi e mandare completamente all’aria il piano. In quel caso si tornerebbe catastroficamente al punto di partenza. Il presidente dell’Egitto, però, mantiene la sua posizione più che positiva: “Un cessate il fuoco, il ritorno dei prigionieri e dei detenuti, la ricostruzione di Gaza e l’avvio di un processo politico pacifico che porti alla creazione e al riconoscimento dello Stato palestinese significano che siamo sulla strada giusta verso una pace e una stabilità durature“.

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