“Comportamenti di questo tipo accadono come sempre nel buio, quando si accendono le luci tutti stanno zitti” così il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara ha deciso di commentare quanto accaduto alla Sala Sinopoli di Roma, dove nel corso della proiezione in anteprima per le scuole del film “Il ragazzo con i pantaloni rosa“, alcuni studenti avrebbero fischiato e deriso il film. Una pellicola che nasce per sensibilizzare sul tema dell’omofobia e per ricordare la storia di Andrea, un ragazzino che a soli 15 anni si è tolto la vita perché vittima di soprusi e violenze scatenati dal suo essere omosessuale, e che invece si è trasformata nella triste rappresentazione del bullismo, lo stesso che il progetto aveva intenzione di combattere.
Dalla morte di Andrea sono passati 12 anni, eppure ieri il suo ricordo è stato vittima di quegli stessi abusi che lo avrebbero portato alla morte. Insulti, applausi di scherno e tanti fischi, sono queste le reazioni che un film profondo e complesso avrebbe scaturito in un gruppo di studenti, che ora il ministro Valditara intende identificare. “Ho chiesto alla direttrice dell’Ufficio scolastico regionale Anna Paola Sabatini di attivarsi per individuare i responsabili degli atti di volgare inciviltà avvenuti giovedì in platea” ha infatti dichiarato il ministro in una intervista al Messaggero, sostenendo di voler incontrare questi bulli, di volerli “guardare negli occhi“.
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Eppure, i terribili fatti di Roma non sarebbero gli unici che hanno riguardato la pellicola, tratta dal romanzo autobiografico di Teresa Manes, madre di Andrea. La stessa avrebbe dovuto essere proiettata il prossimo 4 novembre in una scuola di Treviso, ma i genitori degli alunni hanno presentato formale richiesta affinché questo non avvenga. Il sindaco della città, sconvolto dall’accaduto, avrebbe dichiarato di essere intenzionato a procedere con la proiezione del film, affinché questo abbia l’attenzione e l’interesse che merita.
Valditara: “Sono indignato da quanto accaduto a Roma“
Il ministro dell’Istruzione ha sottolineato di essere “commosso e indignato” dagli eventi che hanno avuto luogo a Roma, nel mezzo di un momento che i giovani presenti avrebbero dovuto vivere come un momento di crescita e di sensibilizzazione e che in vece è stato reso l’emblema del bullismo e della sopraffazione. Valditara ha messo in evidenza come gli insulti siano stati pronunciati solo nel buio della sala di proiezione, nella consapevole di non essere scoperti e di non dover subire alcuna conseguenza.
“Il bullo colpisce quando sa di farla franca” ha infatti dichiarato il ministro, spiegando come spesso gli abusi si concentrino su soggetti deboli, fragili, sensibili, che non hanno gli strumenti per reagire. Un vero e proprio sopruso che si verifica perché il bullo non ha “il coraggio di affrontare una persona più forte di lui“. Per questo ora risulta importante capire chi siano i responsabili di questi orribili gesti, affinché sia spiegata loro la gravità delle loro azioni e soprattutto per dimostrare che ad ogni azione c’è una conseguenza.
“Mi chiedo come sia possibile questa disumanità” ha poi aggiunto Giuseppe Valditara, concludendo il suo intervento con una nota di critica verso l’intero sistema Paese: “Mi chiedo come sia possibile non avere neanche la compassione di sentire il dolore dell’altro, il dolore di una madre, il dolore di quel povero ragazzo“.
Teresa Manes: “Mio figlio non c’è più, ma l’omofobia sì“
“Mi piacerebbe che chi continua a negare l’omofobia in questo Paese prendesse spunto da quanto accaduto per rivedere il proprio pensiero e regolare il proprio agito“, così Teresa Manes ha deciso di commentare quanto accaduto durante la proiezione del film riguardante la vita, e la morte, di suo figlio. La donna dichiara di non aver provato rabbia una volta saputo cosa fosse successo, ma di aver voluto riflettere sulle reali responsabilità di quanto accaduto.
Manes ha infatti ricordato come i giovani presenti alla proiezione fossero accompagnati da adulti e insegnanti, gli stessi che avrebbero accettato con indifferenza che questi si scagliassero con insulti e cattiverie nei confronti del protagonista del film, un ragazzino che si è tolto la vita perché vessato dai suoi bulli.
“Fro*io, Ma quando s’ammazza, Gay di mer*a, sono solo alcuni degli insulti rivolti a mio figlio. Ancora oggi, 12 anni dopo. Ancora oggi, anche se morto” ha ricordato Manes, per far comprendere la gravità dell’accaduto e poi per ricordare che “in quel contesto, anch’esso educativo, chi ha fallito è stato quell’adulto, incapace di gestire la situazione e rimettere ordine, probabilmente non avendo avuto tempo o voglia di preparare la platea dei partecipanti“.
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