Fine Vita, dopo sei anni di silenzio la Consulta perde la pazienza: “Parlamento intervenga”

La Corte costituzionale si è espressa ieri con la sentenza numero 66, che ricalca la 135 del 2024, in riferimento al tema del trattamento vitale. Secondo i giudici della Consulta, "non è illegittimo subordinare la non punibilità dell'aiuto al suicidio al requisito del sostegno vitale"

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La corte costituzionale non è affatto soddisfatta del lavoro portato avanti dal Parlamento in materia di Fine Vita. Il comitato ristretto che è stato chiamato a produrre un disegno di legge sul tema da cinque mesi continua a confrontarsi senza però giungere ad una quadra. Ormai da sei anni, invece, la Consulta continua ad esortare le Camere a promulgare una legge che risolva le ambiguità sul suicidio assistito.

Intanto, diverse Regioni italiane, tra cui la Toscana, la Sardegna e l’Emilia Romagna, hanno preso la questione nelle loro mani cercando di rispondere alle richieste dei cittadini delle loro realtà. A pagare lo scotto più grande continuano ad essere i malati, a cui non sono chiari i loro diritti e le loro possibilità e che continuano a soffrire mentre il governo fatica a trovare una posizione concreta.

Fino a questo momento, infatti, l’Italia si è basata per le sue decisioni in materia di Fine Vita sulla sentenza della Corte Costituzionale risalente al 2019. Secondo la Consulta un cittadino italiano può accedere al suicidio assistito solo se è in possesso di una diagnosi che prevede la morte certa, se è sottoposto a un trattamento vitale, se ha delle sofferenze fisiche e se è capace di decidere liberamente e senza condizionamenti.

Fine Vita, Consulta: “Non illegittimo subordinare la non punibilità dell’aiuto al suicidio al requisito del sostegno vitale”

La Corte costituzionale si è espressa ieri con la sentenza numero 66, che ricalca la 135 del 2024, in riferimento al tema del trattamento vitale. Secondo i giudici della Consulta, “non è illegittimo subordinare la non punibilità dell’aiuto al suicidio al requisito del sostegno vitale“, ma la corte avrebbe anche confermato che i trattamenti di sostegno vitale devono essere presi in considerazione anche se rifiutati dal malato.

Proprio questa sentenza rappresenterebbe l’ennesimo tentativo della Corte costituzionale di spingere il Parlamento a legiferare su questa materia. Il Comitato ristretto, però, continua a riscontrare problemi al momento delle valutazioni. Il testo unificato che la scorsa settimana era stato annunciato da uno dei relatori al disegno di legge, Pierantonio Zanettin, ieri non è stato presentato. Oltre all’opposizione, quindi, anche la maggioranza risulterebbe spaccata sul tema.

Anche le parole di Francesco Zaffini, presidente della commissione Affari sociali, sembrerebbero confermare questa possibile frattura tra i partiti di centrodestra: “Non è vero che era stato annunciato un testo, non c’era un testo condiviso“. Al momento in commissione sono stati depositati 6 disegni di legge, ma solamente quello del democratico Alfredo Bazoli avrebbe ottenuto un terzo delle firme dei senatore e potrebbe quindi essere portato in Aula.

Una possibilità del tutto esclusa dal relatore Zanettin, che ha rivendicato la volontà della commissione ristretta di procedere con un testo unitario da presentare alle Camere. “Mi è parso di capire che tutti vogliono che si vada avanti, altrimenti si va in Aula con il solo testo di Bazoli e si va su un binario morto“, ha tuonato, chiudendo ogni altra discussione.

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