Da Renzi a Meloni, passando per Conte e Draghi: tutti i provvedimenti in materia di tasse sul lavoro
Da Renzi a Meloni, passando per Conte e Draghi. La riduzione delle tasse sul lavoro è una costante dell’impegno dei governi che si sono succeduti negli ultimi 10 anni. Nel mirino è soprattutto, ma non solo, il cosiddetto cuneo fiscale, cioè la differenza dovuta al fisco e ai contributi tra il salario lordo pagato dalle imprese e il netto che arriva nelle tasche del lavoratore. Per spiegare basta fare riferimento ad un solo valore: nel 2022 il cuneo fiscale italiano è stato pari al 45,9% contro una media Ocse del 34,6%, e poi c’è la necessità ora di sostenere i salari visto che l’inflazione di fatto riduce il loro valore.
Governo Meloni
Nel decreto lavoro, appena approvato dal consiglio dei Ministri, è previsto il taglio del cuneo fiscale di 4 punti per i redditi fino a 35mila euro lordi. Vale nel complesso 3,5-4 miliardi che spalmati in 9 mesi, secondo alcune valutazioni, può arrivare a valere 80-100 euro mensili in busta paga. Questo taglio, che scade a fine anno con la volontà del governo di trovare i finanziamenti per prorogarlo, si aggiunge a quanto previsto nella manovra approvata lo scorso dicembre.
Allora il governo Meloni ha rifinanziato il taglio del 2% introdotto da Draghi fino ai 35mila euro e ha incrementato questa riduzione al 3% fino a 25mila euro, per un costo complessivo di circa 5 miliardi. In totale il taglio per quest’anno vale 8,5-9 miliardi.
Governo Draghi
Prima del governo Meloni i lavoratori avevano già visto un taglio del cuneo del 2% da parte del governo Draghi. L’esecutivo guidato dall’ex presidente della Bce ha però ridotto anche l’Irpef, con una manovra da circa 7-8 miliardi che ha portato da cinque a quattro le aliquote previste. A questo aveva inizialmente aggiunto un taglio dello 0,8% del cuneo fiscale (finanziato con 1,2 miliardi) rimpolpato con un altro miliardo con il decreto Aiuti Bis. Totale 9-10 miliardi. A
questo si aggiunge – con un impatto chiaro sui conti delle famiglie – l’arrivo dell’Assegno Unico, che costa in totale circa 18 miliardi l’anno raggiunti raggruppando quanto previsto in passato per varie misure in favore dei figli a carico ma per il quale sono state stanziate risorse aggiuntive per circa 6 miliardi l’anno. Un alleggerimento fiscale, quello del governo Draghi, che vale quindi circa 15-16 miliardi.
Governo Renzi
Sia il premier Monti sia Letta avevano ridotto il cuneo e le tasse su lavoro con un fondo dedicato il primo e con un aumento delle detrazioni Irpef e la riduzione di alcuni premi assicurativi il secondo. Con il governo Renzi nel 2014 arriva il bonus da 80 euro. Una detrazione da 960 euro l’anno per i lavoratori dipendenti fino a 24mila euro di reddito e con un decalage fino a 26mila. Il governo aveva calcolato una spesa di circa 10 miliardi e anche l’Upb, l’ufficio parlamentare di Bilancio, ha calcolato il costo di oltre 9 miliardi.
Governo Conte
Il bonus Renzi è stato poi aumentato a 100 euro mensili, per i redditi fino a 26.600 euro lordi dal secondo governo Conte, con un decalage fino a 40mila euro. Il provvedimento, valido solo per la seconda metà del 2020 è stato poi reso strutturale con la legge di Bilancio successiva.
L’estensione era costata 3 miliardi nel 2020 e 5 miliardi nell’anno successivo.