Corte dei Conti in allarme su liste d’attesa: “Dati sulle risorse alle Regioni sono disomogenei”

Redazione
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I due miliardi di euro stanziati dal 2020 al 2024 per ridurre le liste di attesa non sono stati sufficienti a sopperire al grave problema che attanaglia la Sanità italiana. I cittadini sono ancora costretti ad attendere tempi lunghissimi prima di poter accedere a visite ed esami specialistici, con situazioni piuttosto gravi soprattutto nelle Regioni del Sud Italia. La Sezione centrale di controllo sulla gestione delle amministrazioni dello Stato della Corte dei Conti ha quindi approvato una delibera che evidenzia “criticità nella metodologia adottata, basata su dati autocertificati da parte di Regioni e Province autonome che appaiono non omogenei“.

In sostanza, la delibera sottolinea come vi siano state difficoltà, da parte dello stesso Ministero della Salute, nel reperire, coordinare e monitorare le attività svolte dalle Regioni riguardanti la programmazione e la comunicazione degli obiettivi da parte delle realtà territoriali. Secondo i magistrati della Corte dei Conti, quindi, i dati raccolti dalle Regioni sarebbero spesso parziali e disomogenei e, dunque, non confrontabili fra loro per le diverse metodologie applicate alle stime dei ricoveri e delle prestazioni non erogate“.

Queste mancanze risulterebbero piuttosto gravi, perché non permetterebbero di valutare l’effettiva applicazione da parte delle regioni delle risorse finanziarie stanziate appositamente per la riduzione delle liste d’attesa. In questo senso, quindi, la Corte dei Conti auspica al creazione di un apparato organizzativo e informativo per il monitoraggio sul conseguimento degli obiettivi in materia, viste anche le risorse stanziate, proprio di recente, per la riduzione del fenomeno“.

Corte dei Conti: “Nel quarto trimestre 2022 non spesi 150 milioni

Uno dei casi specifici, evidenziati dalla Corte dei Conti, riguarderebbe il quarto trimestre del 2022. In questo preciso periodo la spesa rendicontata si attesterebbe su 348 milioni di euro, ovvero il 70% della spesa totale prevista. Lo Stato italiano avrebbe infatti predisposto l’utilizzo di 500 milioni di euro, che però a quanto pare non sarebbero stati sfruttati dalle Regioni.

Quindi, i magistrati avrebbero sottolineato la mancanza di un meccanismo di acquisizione dati che permetta effettivamente di verificare il corretto utilizzo delle risorse finanziarie disposte dalla fiscalità generale. Lo stesso problema riguarderebbe le misure assunte in epoca Covid e l’utilizzo delle relative risorse. Il ministero avrebbe infatti riscontrato problemi legati a una metodologia “basata su dati autocertificati, resasi necessaria per l’assenza di sistemi informativi strutturati ai fini della rilevazione delle informazioni“.

La questione, quindi, sarebbe ben radicata nel Paese e necessiterebbe di un immediato confronto al fine di trovare una soluzione che risolva la situazione. Intanto, nel Paese si continua a discutere del dl Liste d’attesa, proposto dal Ministero della Salute al fine di far fronte al grave problema delle attese ospedaliere e ambulatoriali che devono sostenere i cittadini italiani. La Corte dei Conti si era già espressa alcune settimane fa sulla questione, trattando nello specifico dei problemi riscontrati dai cittadini della regione Lazio.

Il procuratore regionale Paolo Luigi Rebecchi ha infatti richiamato l’attenzione “sulla necessità di una dinamica gestione, il più possibile adeguata alle richieste dei cittadini, delle liste di attesa, questione strettamente connessa al sistema di garanzia dei livelli essenziali di assistenza, ma i cui lunghi tempi di attesa portano spesso il cittadino a decidere di non avvalersi del servizio sanitario pubblico“.

Il procuratore ha poi anticipato, rispetto alla delibera attuale, che in merito al comparto sanitario si sono rilevate “criticità in ordine alla correttezza della perimentazione delle risorse di finanziamento della sanità, al di fuori della destinazione all’Agenzia regionale per la protezione ambientale di una quota di risorse del fondo sanitario regionale pari a 24 milioni di euro“. Quindi, il procuratore ha sottolineato che alla luce della giurisprudenza costituzionale richiamata, l’assunzione a carico del bilancio della Regione Lazio “di oneri non destinati all’erogazione dei Lea (Livelli essenziali di assistenza si pone in contrasto con gli obiettivi di risanamento del piano e viola il principio di contenimento della spesa pubblica sanitaria“.

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