Aumento delle temperature di oltre un grado, restringimento degli oceani e rischio di esaurimento delle risorse di acqua potabile. Gli esperti sono in allarme
Sono sei gli indicatori presentati in occasione della Cop27, la Conferenza Onu sui Cambiamenti Climatici, organizzata a Sharm-El-Sheik dal 6 al 18 novembre. Le voci che misurano la reale portata dell’emergenza – temperatura media mondiale, concentrazione del CO2 nell’atmosfera, livello degli oceani e il loro contenuto energetico, estensione delle superficie di ghiaccio e perdita di massa dei ghiacciai – hanno sollevato l’interesse e la preoccupazione degli esperti.
Lo studio de “Le Monde”
Realizzato dal quotidiano francese “Le Monde”, i sei indicatori sono stati studiati attraverso una serie di grafici – ottenuti incrociando i dati rilevati dalla National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA), National Aeronautics and Space Administration, Berkeley Earth e University of Colorado (Usa), dal Met Office (Gb), Centre National d’Etudes Spatiales (Francia), European Organisation for the Exploitation of Meteorological Satellites e World Glacier Monitoring Service (Onu).
Preoccupa l’innalzamento delle temperature di oltre 1,11 gradi nell’ultimo anno rispetto l’era pre-industriale, con un riscaldamento senza precedenti sia in termini di velocità che di magnitudo. Sul livello di concentrazione del diossido di carbonio (CO2) – dallo studio si osserva che attualmente è il più alto da due milioni di anni: a settembre 2022 infatti, l’Osservatorio di Mauna Loa ha registrato un valore di 415,95 ppm (parti per milioni) a fronte del valore iniziale del 1958, che era di 315,7 ppm.
Cresce il timore anche per il futuro degli oceani. Secondo la Nasa, quest’anno l’aumento del livello dell’acqua ha raggiunto quota 64,11 mm, una soglia che un domani potrebbe minacciare l’esistenza di molte città costiere in tutto il mondo. I dati sul contenuto energetico degli oceani, mostrano poi come questi, abbiano assorbito il 90% del calore in eccesso accumulato nel sistema climatico. Tale fattore giocherà un ruolo preoccupante sulla comparsa di forti precipitazioni ed eventi estremi.
Secondo questo studio, la superficie del ghiaccio marino artico si sta sempre più restringendo. Se nel primo rilevamento del 1979 il valore era di + 1 milione di km2, a ottobre 2022 l’Artico ha visto una riduzione di circa -1,54 milioni di km2. Inoltre, dal 1970 sono quaranta i ghiacciai di riferimento nel mondo che hanno perso uno strato di ghiaccio pari a 28 metri. Questi sviluppi, oltre ad avere un impatto sullo scioglimento dei ghiacciai e sull’innalzamento delle acque, potrebbero avere delle conseguenze anche sulla risorsa di acqua potabile.