A due giorni dalla chiusura dei termini della seconda tranche del concordato preventivo biennale, il ministero dell’Economia e delle Finanze continua a riflettere sulle possibilità che questo strumento porta con sé e sui fattori di rischio che potrebbe nascondere. Ieri, in concomitanza con l’analisi degli emendamenti alla manovra in commissione Bilancio, i commercialisti hanno annunciato un primo dato sul concordato: in questa seconda fase, i cui termini si sono chiusi il 12 dicembre, hanno aderito meno di 750mila lavoratori autonomi.
Un risultato che sembrerebbe ben sotto le aspettative, tanto che in molti hanno definito questo strumento un vero e proprio fallimento. Tra questi non vi sarebbe Maurizio Leo, viceministro dell’Economia e delle Finanze e padre dello strumento, che, interpellato sul gettito del concordato, ha sostenuto: “Non direi che è stato un flop, direi che è stato sicuramente un meccanismo che mira a far emergere il sommerso e il risultato è abbastanza buono“.
Leggi Anche
Al momento è necessario attendere alcuni giorni per sapere l’esatto risultato del concordato, per cui ogni tipo di commento anticipato potrebbe essere inesatto. Leo ha però voluto sottolineare che uno dei dati più importanti riguarderebbe le percentuali di adesione tra coloro che presentavano “un voto inferiore ad otto nella pagella fiscale“. Proprio qui si giocherebbe l’efficacia dell’accordo tra contribuenti ed Agenzia delle Entrate: lo scopo del concordato sarebbe proprio quello di far emergere questi soggetti. “Se questi contribuenti rappresentano un numero significativo e importante è come aver fatto un contrasto all’evasione significativo e importante“, ha infatti dichiarato il viceministro.
Leo: “Andremo avanti rapidi con il dopo Ruffini“
Il Mef deve ora ragionare anche su un altro punto delicato, ovvero la nomina del successore di Ernesto Maria Ruffini, direttore dell’Agenzia delle Entrate, che si è dimesso pochi giorni fa. Leo ha confermato che il ministero sarebbe al lavoro per individuare un successore entro Natale, nella speranza di “rasserenare l’amministrazione finanziaria e continuare a portare avanti la riforma del fisco“.

Il viceministro ha infatti spiegato che uno dei fini del lavoro del ministero dell’Economia è proprio quello di fare in modo che l’amministrazione finanziaria accolga positivamente il cambio di rotta fiscale che il Paese affronterà, affinché “ci sia la consapevolezza che vogliamo tendere la mano ai contribuenti essendo sicuramente inflessibili con chi fa frodi, simulazioni e via dicendo“.
Leo: “Aumento stipendi dei ministri? Decisione del Parlamento”
Maurizio Leo è stato poi incalzato sull’emendamento riguardante l’amento degli stipendi dei ministri e dei sottosegretari non eletti per equipararlo a quello dei loro colleghi con un ruolo in Parlamento. Il viceministro ha cercato di non inserirsi troppo profondamente nella questione, sostenendo che “se in Parlamento vogliono incrementare la retribuzione è una scelta loro, giusto?“.
Il numero due del Mef ha poi sostenuto di non essere in grado di rispondere alle domande riguardanti questo argomento, poiché non farebbe parte del suo settore, in quanto egli si occupa prevalentemente di “tematiche fiscali“. Alla domanda se, però, questo emendamento sia stato sollecitato da componenti del governo, Leo ha risposto con un convinto “non penso“.
© Riproduzione riservata


