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Choc da referendum, Pd in prognosi riservata

Licenziamenti illegittimi, tutela nelle piccole imprese, contratti a tempo indeterminato, sicurezza sul salvo e cittadinanza italiana erano l'arma in mano alla sinistra di cui però ha accusato il rinculo del quorum al 30%. I riformisti presentano a Schlein il conto della clinica dove le opposizioni sono ricoverati in rianimazione

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Quella “spallata al governo Meloni” è stata talmente forte da far uscire il centrosinistra con le ossa rotte dal voto del referendum. Il quorum del 30%, raggiunto da 14 milioni di elettori ha funzionato come una radiografia: ha mostrato chiaramente la reale condizione del Pd, il cosiddetto “campo larghissimo” e i “testardamente unitari“. Il risultato è stato traumatico e lo si capisce dalle reazione degli esponenti rimasti coinvolti che si interrogano sul futuro della coalizione.

Mentre la Segretaria dem, Elly Schlein, e il senatore Francesco Boccia festeggiano un loro personalissimo quorum raggiunto, l’ala riformista della coalizione si è seduta ad analizzare la lastra diagnosticando i mali della svolta radicale di Schlein, che ha confermato quanto emerso già dalle ultime elezioni politiche: il dato positivo del “campo largo” più Italia Viva e Azione e come le opposizioni non crescono in termini di voti assoluti.

La valutazione della radioscopia riscopre poi in Giuseppe Conte il malo-sintomo dell’esito sul quinto quesito riguardante la cittadinanza, su cui aveva lasciato libertà di voto: 35% di no, quindi circa 5 milioni di elettori che bocciano la proposta di abbassare da 10 a 5 anni il requisito per ottenere la cittadinanza italiana.

E così, i primari della sinistra sono riuniti per cercare di trovare la migliore cura a questo virus che sta colpendo Pd e loro elettori. Pina Picierno, Vicepresidente del Parlamento europeo, non si nasconde e rientra tra i medici severi ma giusti, ammettendo “una sconfitta profonda, seria, evitabile“. Un “enorme regalo consegnato nelle mani di quella fazione dell’ospedale che crede nei farmaci, nella linea dura del Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni e delle destre.

Fuori dalla nostra bolla c’è un Paese che vuole futuro e non rese di conti sul passato“, analizza Picierno che con blocco alla mano appunta la necessità di procedere con “maturità, serietà e ascolto, evitando acrobazie assolutorie sui numeri“. Un appello a cui ha fatto eco l’europarlamentare Giorgio Gori che, seduto al tavolo in sala riunioni, attacca a pioggia la Segretaria dem parlando di “clamoroso autogol che andava evitato“.

Elly però, nega l’evidenza, rifiuta il referto e tenta un trapianto di identità del partito. Tende ad essere crocerossina da cure palliative e punta il dito all’aria condizionata che ha causato la polmonite piuttosto che alle ferite mal curate: “Hanno fatto una vera e propria campagna di boicottaggio politico e mediatico di questo voto ma hanno ben poco da festeggiare: per questi referendum hanno votato più elettori di quelli che hanno votato la destra mandando Meloni al governo nel 2022“.

Il flop al referendum fornisce l’occasione al governatore della Campania Vincenzo De Luca di prendere la parola e regolare i suoi conti con Schlein dopo lo sgambetto del terzo mandato. E accusa la dem di aver strumentalizzato lo strumento referendario con un “elemento di ideologizzazione eccessivo ed è stato sbagliato“.

Ad affrontare con consapevolezza e serietà le pessime condizioni in cui versa il Pd, è il suo Presidente, Stefano Bonaccini. Alzandosi dal tavolo, in camice bianco con cartellina e matita alla mano, si avvicina allo schermo con le lastre esposte in controluce, e analizza: “Si è mancato l’obiettivo e quando oltre due terzi degli italiani non rispondono è necessario riflettere“.

Intanto, anche l’unità sindacale, leggendo il referto, presenta fratture multiple e scomposte, ma il promotore della campagna elettorale, il Segretario della Cgil, Maurizio Landini, ammette tutti i sintomi e il malessere, visto come anche la Cisl era schierata per l’astensione.

Dall’ala del gruppo più agguerrita che non desidera altro che guarire ferite e infezioni, si ergono le voci di Matteo Renzi e Carlo Calenda che all’unisono si schieravano per il no, senza se e senza ma. L’ex primario dem già di buon mattino aveva paventato l’arresto cardiaco imminente: “Il quorum non ci sarà, come del resto era facilmente prevedibile vedendo i precedenti“. Insomma, il messaggio era chiaro, mettiamoci l’anima in pace, siamo concreti e realistici, e piuttosto pensiamo a quale terapia prescrivere per risollevarci.

Spero che sia chiaro per costruire un centrosinistra vincente bisogna parlare di futuro, non di passato, ingaggiare battaglie identitarie, infatti, fa vincere i congressi ma non fa vincere le elezioni“, scandisce il leader di Italia Viva presentando la strategia da adottare per costruire un’alternativa a Giorgia Meloni. Ovvero, “bisogna essere capaci di allargare al ceto medio, no chiudersi nel proprio recinto ideologico“, spiega Renzi che, da bravo medico, lascia aperto lo spiraglio di speranza necessaria per andare avanti.

Il suo stretto collaboratore, dal fronte di Azione, non si lascia intimidire dallo sguardo di Elly e dichiara senza veli il grande errore commesso nel percorso terapeutico: “Trasformare questo referendum in una consultazione contro Meloni è stato un clamoroso autogol“.

E la riunione si chiude tirando le fila: il centrosinistra voleva raggiungere il quorum, ma non è accaduto. Voleva mandare un messaggio al Governo, ma non è accaduto. Voleva dimostrare di poter allargare il suo bacino di utenza dal 2022, ma non è accaduto. Ora, non resta che riscrivere la terapia d’urto e sottrarre pazienti con diritto di voto alla mutua del Governo.

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