L’ex segretario del Partito democratico, Pierluigi Bersani, potrebbe finire a processo per diffamazione aggravata, in riferimento ad una domanda posta al generale Roberto Vannacci, ora eurodeputato della Lega a Bruxelles, pronunciata in occasione della Festa dell’Unità di Ravenna il primo settembre 2023. Il politico democratico sarebbe stato querelato dal generale ed ora si profilerebbe la possibilità di un processo, vista la comunicazione formale sulla richiesta della Procura di decreto penale di condanna al pagamento di una multa proprio per il contenuto della frase pronunciata da Bersani.
Nel caso in cui l’ex segretario decida di opporsi al decreto per annullarlo allora bisognerebbe istituire un processo, per sentire le due parti e dare la possibilità alla Corte di pronunciarsi sull’argomento. Pierluigi Bersani non avrebbe intenzione di accettare l’accusa a lui rivolta in riferimento alle sue dichiarazioni su Vannacci e sarebbe pronto ad affrontare un processo pur di poter dimostrare la sua innocenza. “Sia chiaro che sulla querela del generale Vannacci andrò fino in fondo” ha dichiarato il dem, aggiungendo: “Si vada pure a processo, così capiremo finalmente se qualcuno, magari con le stellette, può definire anormale un altro essere umano senza per questo insultarlo“.
Leggi Anche
Inoltre, secondo quanto riportato da Bersani, né lui né il suo legale avrebbero ricevuto alcuna comunicazione formale del decreto penale, ma avrebbero appreso della decisione della Procura attraverso le notizie riportate sui giornali. Per ora Roberto Vannacci non si è espresso sulla questione, preferendo probabilmente che la sia la giustizia a decidere se sia lui o Bersani ad avere ragione sulla vicenda.
La frase di Bersani alla festa dell’Unità di Ravenna
La querela di Roberto Vannacci e il decreto penale emesso nei confronti di Pierluigi Bersani fanno riferimento ad un epiteto pronunciato dall’ex segretario del Pd durante una discussione sul libro “Il mondo al contrario” scritto e pubblicato dal generale. Durante il suo intervento, il democratico avrebbe posto una domanda all’opinione pubblica, riferendosi indirettamente all’allora generale con una domanda che è stata ritenuta diffamatoria. Bersani avrebbe utilizzato una perifrasi in forma di domanda, eppure Vannacci avrebbe deciso di querelarlo per diffamazione aggravata, aprendo un’indagine della Digos che ha analizzato il contenuto delle dichiarazioni del politico sia alla Festa dell’Unità che in altre occasioni.
Nel caso della perifrasi del primo settembre 2023, Bersani avrebbe dichiarato: “Quando leggi quelle robe lì – i contenuti del libero Il mondo al contrario – pensi ‘Va bene dai, sciogliamo l’esercito, sciogliamo le istituzioni e facciamo un grandissimo bar‘. Il Bar Italia. Dove puoi dare dell’invertito a un omosessuale, dove puoi dare della fattucchiera a una femminista, dove puoi dare del negro a un nero, dove puoi dire a un ebreo ‘ok la Shoah, ma non esageriamo’“.
Il democratico avrebbe poi continuato il suo discorso sostenendo: “Quel bar lì non sarebbe mai vuoto in Italia. Ma scusate, se in quel bar lì lui puoi dire tutte queste cose, è possibile dare del coglione a un generale? Se parlano da bar, dobbiamo parlare da bar anche noi. Quella non è critica al politicamente corretto, è arretramento della civiltà“. Proprio l’epiteto “coglione” avrebbe indispettito Vannacci, che avrebbe quindi proceduto ad una querela nei confronti di Bersani.
Nel caso in cui quest’ultimo decidesse di procedere al pagamento della multa, come disposto dalla Procura di Ravenna, la questione si risolverebbe senza ulteriori problematiche. In questo modo, però, Bersani accetterebbe l’accusa di diffamazione aggravata e ne pagherebbe economicamente le conseguenze. Per questo il democratico, convinto della sua innocenza, vorrebbe procedere con un processo, nella speranza di annullare la querela emessa nei suoi confronti.
© Riproduzione riservata