Furto banche dati, dossier anche su La Russa e suo figlio: Piantedosi dà via a verifiche

Un'intercettazione telefonica tra il presidente della Fondazione Fiera Enrico Pazzali e l'hacker di Nunzio Samuele Calamucci avrebbe appunto permesso agli inquirenti di scoprire la realizzazione di un dossier tra il Presidente del Senato e su suo Figlio Geronimo

Redazione
6 Min di lettura

Il caso dei furti alle banche dati sembra infittirsi di ora in ora. Le indagini della Dda di Milano e della Direzione nazionale antimafia avrebbero portato alla luce un complesso quadro, con al centro un associazione finalizzata a delinquere e specializzata nella creazione di dossier personali, su richiesta di terzi. L’ultima novità del caso, divenuto di dominio pubblico solo due giorni fa, riguarderebbe Ignazio La Russa, il quale sarebbe finito al centro delle operazioni del gruppo legato alla Equalize Srl, ovvero l’agenzia di investigazione privata il cui amministratore delegato è l’ex superpoliziotto Carmine Gallo.

Un’intercettazione telefonica tra il presidente della Fondazione Fiera Enrico Pazzali e l’hacker di Nunzio Samuele Calamucci avrebbe appunto permesso agli inquirenti di scoprire la realizzazione di un dossier tra il Presidente del Senato e su suo Figlio Geronimo. In un passaggio della richiesta degli arresti, infatti, è possibile leggere che proprio Pazzali avrebbe richiesto chevenisse realizzato un report sul Presidente“. Dalle indagini sarebbe poi emerso che il gruppo legato alla Equalize Srl sarebbe anche entrato in contatto con file secretati, dimostrando quindi la capillarità e soprattutto la pericolosità delle loro azioni.

Il ministro Piantedosi
Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi

Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, nella consapevolezza della gravità della situazione, ha dato mandato al capo della polizia, Vittorio Pisani, di acquisire dall’autorità giudiziaria gli atti di indagine utili per avviare verifiche “su ipotizzati accessi abusivi alle banche dati del ministero o sull’utilizzo illecito delle stesse“. Inoltre, il ministro ha voluto sottolineare che al Viminale starebbe operando una commissione di specialisti allo scopo di definire “ulteriori misure e procedure a protezione delle strutture informatiche interforze“. Sembrerebbe che questo team fosse stato già in precedenza istituito da Piantedosi.

Furto banche dati, i dossier su La Russa e suo figlio

L’intercettazione telefonica che ha permesso di scoprire lo spionaggio sui dati di Ignazio La Russa e suo figlio Geronimo vedrebbe coinvolto Enrico Pazzali, il quale in prima persona avrebbe chiesto a Calamucci di realizzare i report. I due inizialmente discutono sull’anno di nascita del Presidente, confondendo anche la sua carica, e poi cercano di recuperare e inserire più informazioni possibili. “E metti anche un altro se c’è… eh… come si chiama l’altro figlio? come si chiama? Eh… Geronimo, come si chiama Geronimo La Russa? Eh… prova Geronimo La Russa ma non si chiama  Geronimo… come cazzo si chiama Geronimo?“, si sente poi affermare da Pazzali.

Il presidente del Senato Ignazio La Russa
Il presidente del Senato Ignazio La Russa

Le indagini avrebbero poi scoperto l’esistenza di file classificati, a cui gli hacker avrebbero avuto libero accesso. Secondo il pm di Milano, dunque, si tratterebbe di “una circostanza di una certa gravità“, anche in considerazione che uno dei file secretati sarebbe un “documento formalmente riconducibile all’Aise“, ovvero al servizio segreto italiano per l’estero, e riguardante questioni riguardanti le “reti del Jihad globale” risalente al 2008-2009.

La Procura di Milano, quindi, sarebbe al lavoro anche per comprendere se i dati recuperati dall’agenzia investigativa possano essere stati oggetto di compravendita all’estero. L’indagine è portata avanti insieme alla Direzione nazionale antimafia e per il momento si concentra sulle consulenze informatiche, disposte dai pm, sui dispositivi e sui computer sequestrati agli indagati.

Pm Milano: “La banda dei dossier è un pericolo per la democrazia

Il pm di Milano Francesco De Tommasi ha voluto sottolineare negli atti dell’indagine la gravità delle azioni messe in campo dal gruppo degli indagati. Le disponibilità informatiche di cui disponeva l’associazione, insieme agli scopi dell’agenzia, avrebbero potuto mettere in serio pericolo la sicurezza del sistema Paese. “Non è esagerato affermare che si tratta di soggetti che rappresentano un pericolo per la democrazia di questa Nazione” ha infatti dichiarato il pubblico ministero, sottolineando come sia possibile che ad oggi non sia stata ancora compresa la reale grandezza delle operazioni della banda.

I soggetti sono da considerare pericolosissimi perché, attraverso le attività di dossieraggio abusivo, con la creazione di vere e proprie banche dati parallele vietate e con la circolazione indiscriminata di notizie informazioni sensibili, riservate e segrete, sono in grado di ‘tenere in pugno’ cittadini e istituzioni” è possibile leggere nella requisitoria di De Tommasi, il quale ha anche evidenziato che i dossier da loro realizzati avrebbero avuto la possibilità di condizionare dinamiche imprenditoriali e procedure pubbliche, anche giudiziarie.

Lo stesso gruppo di indagati sembrerebbe essere stato consapevole dell’immenso potere presente nelle loro mani. Lo si comprende da stralci di conversazioni recuperati da intercettazioni telefoniche o ambientali. In una di queste Nunzio Calamucci e Giulio Cornelli, due degli arrestati nel corso delle indagini, avrebbero sostenuto che “con i report che abbiamo noi in mano possiamo sputtanare tutta l’Italia“.

© Riproduzione riservata

TAGGED:
Condividi questo Articolo