Balneari, il piano del governo non è abbastanza: grande partecipazione allo sciopero

I balneari chiedono certezze per le concessioni che sono scadute lo scorso 31 dicembre dopo lo stop del Consiglio di Stato alle proroghe decise dal governo

Redazione
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Ieri ha avuto luogo lo sciopero di due ore per gli stabilimenti balneari. L’astensione dal lavoro – prevista dalle 7.30 alle 9.30 – era stata organizzata in protesta contro il mancato intervento del governo per dare certezze alle imprese del settore. I sindacati che hanno lanciato la protesta hanno parlato di un successo sopra le aspettative e di “una partecipazione quasi totale” delle località marittime e turistiche più importanti della penisola. Mentre il Codacons ha evidenziato il “flop” dell’iniziativa, cercando di concentrare l’attenzione sui rincari che i consumatori devono affrontare per passare una giornata al mare, con i prezzi di lettini e ombrelloni sempre più elevati.

Le maggiora partecipazione alla protesta si è fatta sentire in Liguria dove l’adesione avrebbe toccato il 90% con punte del 100%. Anche in Sardegna, dal nord al sud, migliaia di ombrelloni chiusi per protestare contro la mancata emanazione da parte del governo delle nuove regole sugli stabilimenti balneari: dal Poetto di Cagliari a Villasimius, Chia, Alghero, Orosei e altre. Nelle Marche oltre il 50% degli operatori hanno aderito all’iniziativa e in Versilia ha invece aderito uno stabilimento balneare su quattro. Diversa la situazione sulla riviera romagnola. A Rimini la presa di posizione dei bagnini era già stata annunciata come una rivendicazione dolce e all’insegna dell'”ospitalità” con un brindisi e i calici alzati insieme ai turisti all’ora di pranzo.

Balneari: le mancanze del governo Meloni

Proroga fino al 2030 delle concessioni demaniali marittime nelle Regioni in cui la percentuale di occupazione delle spiagge è inferiore al 25%. È l’ipotesi frutto del complicato confronto tra le varie sensibilità della maggioranza che difficilmente sarà accettata dalla Commissione europea nella lunga trattativa con Bruxelles per l’applicazione della direttiva Bolkestein con la messa a gara delle concessioni.

I balneari chiedono certezze per le concessioni che sono scadute lo scorso 31 dicembre dopo lo stop del Consiglio di Stato alle proroghe decise dal governo. Gli stabilimenti si sono sempre opposti alla messa a gara delle concessioni. Il governo Meloni si è sempre detto contrario, ma dopo ripetuti richiami sia da parte dell’Unione Europea che del Consiglio di Stato non hanno potuto fare altro. I proprietari dei balneari lamentano la mancanza di criteri nazionali sulle gare e che ogni ente locale possa definire le regole in autonomia, con conseguenti disparità di trattamento tra una località e l’altra. In aggiunta richiedono il riconoscimento di un indennizzo economico per i concessionari uscenti, che perderanno la concessione a causa delle gare pubbliche.

Da sempre le concessioni balneari vengono prorogate in modo automatico agli stessi proprietari con canoni d’affitto molto bassi. Questo metodo viola la direttiva europea del 2006, nota come “direttiva Bolkestein”, che impone a tutti i paesi membri dell’Unione di fare dei bandi per mettere a gara le concessioni e aprire così il mercato alla concorrenza. Dal 2006 a oggi, però, governi italiani hanno fatto slittare la scadenza delle concessioni, temendo di inimicarsi la categoria dei balneari. L’ultima proroga era stata quella voluta dall’attuale governo di Giorgia Meloni, che con la legge di bilancio approvata nel dicembre del 2022 ha prorogato le concessioni fino alla fine del 2024.

Balneari: l’ira di Bonelli

In una nota il deputato di AVS e portavoce di Europa Verde, Angelo Bonelli afferma: “Il 9 agosto, i gestori degli stabilimenti balneari hanno indetto uno sciopero di due ore e chiuderanno gli ombrelloni. Faccio un appello agli italiani e alle italiane: invadiamo pacificamente le spiagge con ombrelloni e asciugamani perché’ è ora di dire basta alla privatizzazione di un bene pubblico“. “In questo Paese ci sono dei privilegi che nessuno vuole intaccare. Gli stabilimenti balneari, che sono aumentati del 26%, arrivando a 7.244, fatturano quasi 10 miliardi di euro l’anno, ma lo Stato incassa solo 115 milioni di euro a causa dei canoni incredibilmente bassi. Il Twiga di Briatore a Forte dei Marmi paga allo Stato poco meno di 20 mila euro l’anno ma fattura oltre 9,5 milioni, ed è lui stesso ad aver ammesso che i canoni sono troppo bassi. Al cospetto di questo quadro cosa fa la Premier Meloni?“, conclude.

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