Abuso d’ufficio, per la Consulta l’abrogazione non è incostituzionale

La Consulta ha ritenuto ammissibili le questione sollevate in riferimento agli obblighi derivanti dalla Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione, ovvero la Convenzione di Merida

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La Corte Costituzionale si è espressa sulle questioni di legittimità costituzionale sollevate da quattordici autorità giurisdizionali, sostenendo che l’abrogazione dell’abuso d’ufficio non è incostituzionale. La Consulta ha ritenuto ammissibili le questione sollevate in riferimento agli obblighi derivanti dalla Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione, ovvero la Convenzione di Merida.

Nello specifico, le questioni sono state ritenute infondate, in quanto dalla Convenzione di Merida non è ricavabile né l’obbligo di prevedere il reato di abuso d’ufficio, né il divieto di abrogarlo nei casi in cui è presente nell’ordinamento nazionale. La motivazione della sentenza sarà pubblicata nelle prossime settimane.

Le dichiarazioni dell’Avvocatura di Stato

Ieri, a conclusione della prima parte dell’udienza pubblica sull’abrogazione dell’abuso d’ufficio, ovvero l’articolo 323 del Codice penale eliminato dalla riforma Nordio, l’avvocatura di Stato ha dichiarato che le “ordinanze di rimessione alla Corte costituzionale non superano il vaglio di ammissibilità“. Secondo l’Avvocatura, infatti, non si è tenuto conto che la Convenzione di Meridanon attiene a norme unionali“.

Questa convenzione è un trattato internazionale che mira a combattere la corruzione a livello globale e che è stata adottata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 2003 e dall’Italia nel 2009. Tale norma introduce direttive per la prevenzione, le indagini e i procedimenti giudiziari contro la corruzione. L’Avvocatura di Stato spiega, quindi, che questa convenzione, come norma interposta, acquisisce valutazione di costituzionalità sulla base dell’articolo 117 della Costituzione.

Essendo quindi una norma che deriva dall’articolo 117 della Costituzione, e quindi non unionale, “non vi è ragione per ritenere la prevalenza della questione di costituzionalità dell’articolo 117 rispetto all’articolo 25 secondo comma della Costituzione, la riserva assoluta di legge in ambito penale“. Inoltre, è stato sottolineato come nell’ordinanza della Corte di Cassazione la giurisprudenza citata faccia riferimento a norme unionali.

L’Avvocatura aggiunge che l’articolo 25 della Costituzione “ha resistito alle norme unionali” e non vi è quindi alcuna ragione per cui “l’esercizio della potestà legislativa dovrebbe essere sostanzialmente conculcata da questa norma interposta“. In conclusione, viene aggiunto che l’abrogazione dell’abuso d’ufficio non è unaabolitio crminis integrale” ma una “abrogatio sine abolizione parziale“.

In questo senso, viene chiarito che la giurisprudenza della Corte di Cassazione prevede che tutte le volte in cui l’abuso di ufficio è  compiuto attraverso l’inerzia si applica l’articolo 328. Proprio questo articolo non sarebbe stato toccato dall’abrogazione, così come il 114 bis. “Non è quindi una abrogazione assoluta dell’abuso compiuto dal pubblico ufficiale per lo spazio di valenza penale su base di altre norme“, spiega ancora l’Avvocatura.

L’Avvocatura, dunque, chiede alla Corte costituzionale di respingere le questioni di costituzionalità, in quanto “inammissibili e infondate“. Difatti, viene sottolineato come l’articolo 19 della Convenzione prenda in considerazione il reato di abuso d’ufficio, parlando “di obbligo, ma non di incriminare” e in quanto si considera che la Convenzione “non consegni un obbligo ad incriminare“.

Abuso d’ufficio, l’udienza davanti alla Corte Costituzionale

Da questa mattina è in corso l’udienza sulla legittimità della riforma della Giustizia che ha portato alla cancellazione della legge sull’abuso di ufficio. Sono state prese in considerazione 14 ordinanze, di cui 13 dei giudici di merito e una della Corte di Cassazione. Si tratta di tutti provvedimenti con cui sono state sollevate questioni di legittimità nel corso del giudizio. In Aula è stato il relatore Giorgio Viganò ad illustrare la questione di legittimità sollevata dalla Corte di Cassazione.

L’udienza segue il ricorso pendente in Cassazione, con cui si chiede l’annullamento di una condanna che si basa proprio sull’articolo 323 del Codice penale. I giudici, nel corso della valutazione, hanno promosso un incidente di costituzionalità, sollevando dubbi sull’articolo 1 della riforma in relazione a obblighi internazionali vincolanti per lo Stato italiano. Secondo gli ermellini, infatti, è possibile che sia presente un contrasto con la Convenzione di Merida, in particolare con l’articolo 19, che prevede la criminalizzazione delle condotte già comprese nell’ex abuso d’ufficio.

L’abrogazione del reato, quindi, secondo i giudici della corte di Cassazione, avrebbe dovuto essere compensata con meccanismi alternativi di prevenzione, evitando una presunta lacuna normativa.

L’Avvocato Manlio Morcella in udienza

Tra le 14 questioni sollevate vi è quella dell’avvocato Manlio Morcella, che ha chiesto di rinviare alla Corte di giustizia europea la questione di costituzionale sull’abrogazione dell’abuso d’ufficio. Il legale assiste un capogruppo di opposizione di un piccolo Comune in provincia di Avellino, fatto decadere dalla carica dal segretario comunale, da questo denunciato per illeciti edilizi, come riporta Il Fatto Quotidiano.

L’Avvocato Manlio Morcella in udienza

Il segretario era stato condannato in primo e in secondo grado per abuso d’ufficio ma, dopo la cancellazione del reato, aveva impugnato la sentenza in Cassazione chiedendo l’assoluzione piena. Lo scorso febbraio, la Sesta Sezione della Suprema Corte ha deciso di portare il caso alla Corte costituzionale, sostenendo che l’abrogazione voluta da Nordio sia in contrasto con la convenzione di Merida.

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