Una telefonata “molto strategica”. Così Donald Trump ha definito la conversazione avuta con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky nelle ultime ore, mentre il conflitto in Ucraina continua a intensificarsi e le pressioni per nuovi aiuti militari a Kiev crescono anche sul fronte occidentale.
Parlando con i giornalisti a bordo dell’Air Force One, Trump ha sottolineato l’importanza del dialogo con il leader ucraino, in un momento segnato dal più imponente attacco di droni e missili russi dall’inizio della guerra. “È una situazione molto difficile”, ha ammesso, riferendosi all’aggressione russa, e ha ribadito che Zelensky e lui hanno discusso di come “rafforzare le difese aeree“ dell’Ucraina, incluso il possibile invio di missili intercettori Patriot.
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Secondo quanto riportato da Axios e confermato da diverse agenzie stampa, Trump avrebbe dato indicazioni ai suoi collaboratori per organizzare un incontro operativo tra le due squadre di governo, al fine di valutare i prossimi passi sia in termini di difesa aerea che di ulteriori forniture militari. “Il comandante in capo ha detto che controllerà cosa è stato fermato”, hanno riferito fonti vicine all’ex presidente, riferendosi alla sospensione di alcuni pacchetti di aiuti nei giorni scorsi.
I Patriot (forse), la Germania e la diplomazia bilaterale
Trump ha anche menzionato un secondo colloquio, tenuto con il cancelliere tedesco Friedrich Merz, durante il quale è stato affrontato proprio il tema dei missili Patriot. Sebbene non ci sia ancora un accordo definitivo, Merz — ha riferito Trump — ritiene che “gli ucraini debbano essere protetti”. Berlino, da tempo, spinge per un coinvolgimento più attivo della Nato nel fornire sistemi difensivi all’Ucraina, alla luce del crescente numero di vittime civili causate dagli attacchi russi.
Niente progressi con Putin: si valutano nuove sanzioni
Diverso il tono della telefonata tra Trump e Vladimir Putin, avvenuta anch’essa giovedì. Nessuna apertura da parte del Cremlino, nessun passo avanti sul piano diplomatico. “Vuole continuare a uccidere persone. Non va bene”, ha commentato il tycoon, visibilmente deluso. E ha lasciato intendere che gli Stati Uniti potrebbero considerare un nuovo pacchetto di sanzioni contro la Russia: “Ne parliamo molto. Capisce che potrebbero arrivare”, ha detto, riferendosi al presidente russo.
Il “nodo Hegseth” e lo scontro interno a Washington
Nel frattempo, la macchina degli aiuti americani all’Ucraina ha subito un brusco stop. Il segretario alla Difesa Pete Hegseth ha deciso unilateralmente di bloccare alcune forniture, sollevando un caso politico e istituzionale. Secondo NBC News, la mossa ha colto di sorpresa il Dipartimento di Stato, il Congresso e gli stessi alleati europei.
Motivazione ufficiale: la necessità di salvaguardare le scorte militari statunitensi. Ma alti funzionari della Difesa smentiscono: un’analisi interna avrebbe dimostrato che le forniture a Kiev non avrebbero compromesso la prontezza militare americana. In molti, dentro e fuori il Congresso, sospettano che la decisione sia stata guidata da logiche più politiche che strategiche.
Tra i critici spicca Adam Smith, dem di peso e membro della Commissione Forze Armate della Camera: “È disonesto usare la scusa della prontezza militare. Non siamo messi peggio di tre anni fa”, ha attaccato, sottolineando di aver visionato i dati che dimostrano come non ci siano carenze tali da giustificare un blocco degli aiuti.
La guerra che divide l’America
Con l’avvicinarsi delle elezioni presidenziali, il sostegno all’Ucraina si conferma uno dei dossier più delicati per la politica estera americana. La posizione di Trump, tra aperture tattiche a Kiev e ambiguità nei confronti di Mosca, riflette le divisioni interne al Partito Repubblicano, e più in generale di un’America che fatica a trovare una linea unitaria di fronte a una guerra che non accenna a finire.
Nel frattempo, a Kiev si guarda a Washington con apprensione: la difesa aerea è una priorità urgente, e il tempo gioca a favore dei droni russi. Le parole di Trump rappresentano un segnale, ma ora Zelensky aspetta i fatti. E magari anche i Patriot.
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