Due giorni di caos, barricate e scontri tra manifestanti e polizia hanno trasformato Los Angeles in uno scenario di guerriglia urbana. Alla radice, ancora una volta, l’immigrazione. Non quella clandestina soltanto, ma anche la stretta crescente sulle comunità ispaniche, colpite da retate dell’ICE (Immigration and Customs Enforcement) che hanno scatenato la rabbia popolare. E ora la risposta della Casa Bianca è una sola: l’esercito.
Nel corso del pomeriggio, la polizia locale Usa ha dichiarato il centro di Los Angeles una zona di “assembramento illegale“, dopo che per tre giorni le proteste non hanno avuto fine. In totale, al momento, sono 150 le persone arrestate dalle forze dell’ordine per aver preso parte a scontri con la polizia, come riferito dalle autorità locali.
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La decisione del presidente Trump di inviare la Guardia Nazionale sul posto, però, non è apparsa all’amministrazione californiana una risposta adatta a quanto stava accadendo. Il governatore Gavin Newsom ha quindi deciso di presentare una causa contro il titolare della Casa Bianca.
E così, Donald Trump evoca il suo arresto per la sua opposizione all’uso della guardia nazionale contro le proteste. “Io lo farei“, ha risposto ai cronisti il Presidente a stelle e strisce che gli chiedevano se lo zar
del confine Tom Homan dovrebbe arrestare il governatore californiano. Nel definire “agitatori professionisti e
insurrezionalisti che dovrebbero essere in prigione, brutte persone”, tutti coloro che stanno protestando, il tycoon mantiene il pugno duro finché gli scontri non termineranno.
Le prime manifestazioni violente anche a San Francisco
La repressione violenta del governo americano non ha spaventato i suoi cittadini. Dopo Los Angeles, anche San Francisco è diventata il centro di brutali scontro. Alle 19 di domenica, centinaia di manifestanti si sono radunati davanti alla sede del servizio immigrazione Ice. In poco tempo, la manifestazione ha preso una piega violenta, con i presenti che hanno messo in atto attacchi vandalici e aggressioni, come riferito dalla polizia, che ha denunciato anche il ferimento di due agenti.
Sono state circa 60 le persone fermate, tra cui alcuni minorenni, dopo che l’evento è stato definito un'”assemblea illegale“. Sul caso è intervenuto anche il sindaco della città, che ha ricordato come tutti i cittadini di San Francisco hanno il diritto di protestare, ma allo stesso tempo non possono cedere a comportamenti violenti o distruttivi.
La mano pesante di Trump
Il presidente Donald Trump, sempre più deciso a mostrare i muscoli, e forte del suo secondo e (forse) ultimo mandato, ha autorizzato l’invio di 2.000 soldati della Guardia Nazionale a LA, superando le autorità locali e ordinando un intervento diretto da Washington. Le prime 300 unità sono già dispiegate in tre punti nevralgici della metropoli, proprio mentre nuove manifestazioni erano annunciate per il pomeriggio.
Ma non finisce qui: il capo del Pentagono, Pete Hegseth, ha minacciato di mobilitare anche i Marines di Camp Pendleton qualora le violenze continuassero. “Le truppe sono in stato di massima allerta”, ha scritto su X. Un’escalation militare che in tempi recenti non ha precedenti in ambito civile.
Il motivo? Un magazzino di abiti e documenti sospetti
Tutto è partito da un’operazione dell’ICE in un magazzino di abbigliamento nel Fashion District di Los Angeles, dove un giudice ha ravvisato l’uso di documenti contraffatti da parte del datore di lavoro. Le retate – una serie di mandati di perquisizione – si sono trasformate in un’esplosione di rabbia. I manifestanti, in gran parte ispanici, hanno reagito con molotov e pietre. La polizia ha risposto con lacrimogeni e proiettili di gomma.
Secondo il procuratore distrettuale Bill Essayli, sono stati oltre 120 gli arresti nel weekend, per lo più nel sobborgo di Paramount, area a prevalenza operaia e latina. Ma la repressione non ha fermato l’onda: la tensione è salita ancora, tanto da far temere infiltrazioni di estremisti.
“Vogliono uno spettacolo”
Il governatore democratico della California, Gavin Newsom, ha denunciato l’invio dei militari come “volutamente incendiario” e “una provocazione”. Trump, con il solito sarcasmo affilato, lo ha definito su Truth Social “Newscum” (un gioco di parole con “scum”, ossia “feccia”) accusandolo, insieme alla sindaca Karen Bass, di “non saper fare il proprio lavoro”.
“La Guardia Nazionale viene usata in caso di disastri naturali o di emergenze civili, ma quasi sempre con il consenso dei politici locali. Stavolta no: la Casa Bianca ha deciso di imporsi”, ha spiegato un funzionario californiano. E la replica di Newsom è arrivata secca: “Non usate la violenza. Non date loro lo spettacolo che vogliono”.
Un déjà-vu pericoloso
Gli osservatori più attenti vedono in questo scenario echi del 1992, quando Los Angeles esplose dopo l’assoluzione degli agenti coinvolti nel pestaggio di Rodney King. Altri ricordano il 2020, l’uccisione di George Floyd e la mobilitazione che costò a Trump la rielezione. Oggi, però, il tycoon sembra intenzionato a giocarsi tutto sulla legge e l’ordine, alzando il tiro sull’immigrazione in vista di un futuro politico ancora incerto.
Sanders: “Autocrate in azione”
Il senatore progressista Bernie Sanders ha lanciato l’allarme: “Trump sta portando gli Stati Uniti verso l’autoritarismo”. Dello stesso avviso molti esponenti democratici e movimenti per i diritti civili, che temono l’uso dell’apparato federale per soffocare il dissenso interno.
In mezzo a tutto questo, la Casa Bianca tace sulle vere motivazioni del vertice improvviso a Camp David con il vicepresidente J.D. Vance e i consiglieri più fidati. Ma una cosa è chiara: l’America sta attraversando una nuova, inquietante fase di militarizzazione della politica. E ancora una volta, il campo di battaglia è l’immigrazione.
Un paese spaccato, una città sotto assedio. E un presidente che gioca la carta della forza. Ma a quale prezzo?
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