Sinner non balla più da solo

Jannik è il numero uno, ma arrivano altri campioni a sostenere il vessillo dell’Italtennis. C’è la squadra dei “Matteo” (Berrettini, Gigante, Arnaldi) e, acquattato ma sempre più convincente, Flavio Cobolli. Matteo Gigante, n. 169 del ranking ATP, mercoledì ha dato lezione a uno spento Stephanos Tsitsipas, n. 20. Flavio Cobolli (26) ha vinto il derby con Arnaldi (36). Musetti ha piegato l’argentino Mariano Navine dopo un avvio faticoso. E guai a tacere di Jasmine Paolini (4), una classifica che non rispecchia fino in fondo la sua potenza. Sinner è un po’ la nave scuola su cui sono saltati altri talenti della racchetta. L’Italia è diventata il paradiso del tennis

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All’inizio era Jannik Sinner. Entrato in campo, ne ha diviso i suoi quadrati come Mosè si trovò divise le acque del Mar Rosso. Presa di mira la base linea, ha misurato l’ampiezza dei corridoi, e da allora ha preso a sparare fendenti senza risparmio, con una precisione millimetrica da far invidia al geometra di casa vostra. Come il tergicristallo di una Ferrari.

Perché la pallina colpita da Jannik arriva con la velocità di una rossa di Maranello, cade ai piedi dell’incolpevole avversario oppure lo costringe a improbabili e inutili rincorse agli angoli. Ma che cosa dire di Matteo Gigante che ha piegato uno Tsitsipas neanche troppo svuotato di energie ma lo ha imbrigliato con una fantasia di colpi sparati con classe più che con potenza?

Confesso che Cobolli mi ha impressionato perché la racchetta nella sua mano assomiglia molto a un compasso o a un righello che lui usa per disegnare traiettorie mai banali o scontate. Ha anche la fisicità del tennis contemporaneo, dominato dalla potenza sempre più fattore decisivo per vincere. Cobolli però ha mixato la potenza con la creatività. In lui c’è il Panatta migliore, quello che sapeva sorprendere l’avversario con un colpo imprevedibile o irragionevole se uno avesse dovuto deciderlo a tavolino.

Qualche dubbio invece mi ha lasciato il Musetti visto contro l’argentino Navone, un ragazzone statuario, con un repertorio di colpi molto povero e tutti prevedibili. Però si muove con qualche agilità ed è molto accorto nel coprire il campo. Nessuno vuole fare qui un confronto con Musetti, troppo grande il divario fra i due a tutto vantaggio di Musetti. Il toscano è stato un po’ in confusione nella prima ora di gioco, quando sembrava aver perso la visione del campo e spesso esitante nell’affondare i colpi, anche quando la situazione lo sollecitava.

Se è la somma che fa il totale, come amava ripetere Totò, c’è da dire che les italiens sulle rive della Senna sono guardati con ammirazione e con il suo rovescio – l’invidia – perché tanti tennisti di levatura eccellente in una sola volta non si erano mai visti. Merito di Jannik Sinner, probabile e sicuramente ha contribuito a far crescere il livello del tennis. Merito, vs riconosciuto, anche di una Federtennis gestita con grande intelligenza e apertura da Angelo Binaghi.

Poco amato da Giovanni Malagò, vero e proprio highlander delle istituzioni sportive, Binaghi ha rafforzato la struttura della Fitp (Federazione italiana tennis e padel) come nessuno prima di lui era riuscito. Nel giro di pochi anni si sono moltiplicati i comitati nelle Regioni e i centri di insegnamento sono presenti in città anche medie con maestri e preparatori atletici di grande professionalità. È da questo lavoro poco visibile, ma intenso e capillare, che sono venuti fuori i Sinner, i Musetti, i Cobolli, gli Arnaldi.

Un movimento di massa, come si sarebbe detto una volta, indispensabile per formare e poi selezionare quelli che diventeranno i futuri campioni. Un tempo sport elitario, cioè accessibile a famiglie agiate, il tennis ha via via cambiato pelle per trasformarsi in uno sport disponibile anche per chi agiato non è. Ed è grazie a una grande platea di giocatori e di aspiranti campioni che si è costruito il movimento sportivo che tutti oggi ammiriamo.

Sinner è andato a Sanremo, ancora adolescente, perché lì è stato affidato alle cure di bravi tecnici della Fitp. Cobolli, nato a Firenze, ma trasferito a Roma quando aveva ancora un anno, si è trovato in un ambiente stimolante dove il tennis si respira nei numerosi centri sportivi, dai Parioli a Casalpalovco, da Monteverde ai campi sul Lungotevere. Non sapevamo di essere un Paese di santi, navigatori, poeti e … tennisti.

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