Proponendo di espellere dal Pse il premier socialista albanese Edi Rama, il Pd ha perso definitivamente la trebisonda e ha dovuto fare una precipitosa marcia indietro, ma a quel punto la figuraccia internazionale, figlia del pregiudizio ideologico che guida ormai ogni iniziativa del Pd, era ormai stata fatta.
Rama, imputato di essere un collaborazionista delle destre, ha ribattuto con una stilettata implacabile: “Il Pd? Un partito perso: sono pazzi”. E perfino il mite Castagnetti, buon e vecchio amico di Mattarella, anima popolare del partito, ha definito la sortita anti-Rama come un’idea “improvvisata da sprovveduti”. Del resto, già all’annuncio del patto Italia-Albania per la esternalizzazione della gestione dei migranti le reazioni della sinistra erano state sopra le righe, definendolo come una “deportazione di migranti” e una “Guantanamo italiana”. Ora, può darsi che l’accordo trovi grosse difficoltà di applicazione, ma è indubbiamente un forte segnale di dissuasione per le migliaia di migranti in attesa di imbarcarsi per raggiungere le nostre coste e poi far perdere le proprie tracce.
Ma la posizione del Pd è oggettivamente insostenibile: no alla difesa dei confini, no ai patti con i dittatori, no ai centri per il rimpatrio, no a tutto insomma, come se i diritti degli irregolari fossero sempre e comunque sopra la legge. La sinistra, insomma, non offre altre soluzioni se non l’accoglienza indiscriminata, spera già in un intervento dell’Unione europea per far naufragare l’intesa appellandosi al rispetto del diritto comunitario e internazionale, e soprattutto al Regolamento di Dublino, nonostante la sua irragionevole rigidità e il suo anacronismo, sottolineato in più occasioni anche dal presidente Mattarella. Vedremo come evolverà il confronto in sede europea, ma se prevarrà il pragmatismo l’accordo fra l’Italia e un partner extra-Ue potrebbe costituire un interessante modello per la gestione futura delle migrazioni a livello comunitario. La Commissione, infatti, ha assunto una posizione molto prudente, e anzi ha definito il Patto Italia-Albania “un modello interessante”, che potrebbe essere copiato anche dalla Germania del cancelliere socialdemocratico Scholz.
Dunque, la bocciatura preventiva da parte del Pd si è già rivelata un passo falso: il governo italiano, alle prese con il più forte flusso migratorio dal 2016 ad oggi, aveva il diritto di cercare da solo soluzioni innovative, non per sfidare la Commissione europea, ma per metterla di fronte alla sua latitanza, essendo sempre mancato un sostegno reale ai Paesi di prima approdo in tema di sistema comune di asilo e di relocation.
Ai piani alti del Nazareno vanno ricordate due cose. La prima: fu un loro ministro, Minniti, a siglare un accordo con i capitribù libici per bloccare le partenze dei migranti, e il memorandum con le autorità libiche venne firmato da un loro premier, Gentiloni. E furono loro stessi che decisero il finanziamento alla Guardia Costiera libica ora rinnegato dal Pd. Non si vede dunque dove sia lo scandalo nell’accordo sottoscritto da Meloni col governo socialista albanese. La seconda: chi parla oggi di una Guantanamo italiana non ebbe nulla da eccepire quando l’Ue decise, per fermare la rotta balcanica, di consegnare nelle mani di Erdogan milioni di profughi siriani, ed è indubbio che nei centri per il rimpatrio gestiti dall’Italia in Albania la qualità del rispetto dei diritti umani sarà migliore rispetto a quanto avviene in Turchia, che non può essere certo considerata un Paese terzo sicuro in cui viene rispettato l’articolo 38 della direttiva procedure.
Eppure l’Ue non esitò a pagare profumatamente il sultano per chiudere le frontiere e fargli riprendere una parte dei migranti approdati in Grecia. Il sistema d’asilo turco non soddisfa infatti tre requisiti fondamentali previsti dal diritto internazionale per i richiedenti asilo: lo status, una soluzione duratura nel tempo e la disponibilità dei mezzi di sostentamento. Ankara non era – e non è – in grado di esaminare le domande d’asilo, col risultato che centinaia di migliaia di persone sono rimaste per anni in un vero e proprio limbo giuridico, e il regime di Erdogan ha sempre rifiutato di fornire dati certi sull’asilo. Non solo: la Turchia nega lo status di rifugiato a tutti i richiedenti non europei, e i profughi siriani, e la grande maggioranza dei profughi ha dovuto cercarsi un posto dove vivere senza l’assistenza del governo. Un accordo sulla pelle dei migranti che provenivano da uno scenario di guerra, dunque, che il governo Renzi condivise pur con la postilla ipocrita che avrebbe dovuto “rispettare i valori comunitari”.
E’ la stessa ipocrisia con cui il Pd ha annunciato un’interrogazione alla Commissione europea contro l’accordo Italia-Albania, ma questa volta in più c’è il carico da novanta di remare esplicitamente contro l’interesse nazionale: per il Pd è infatti vietato fare accordi sia con la Tunisia per bloccare le partenze, sia con l’Albania per gestire le procedure di identificazione, ed è anche è vietato contrastare gli scafisti e imporre regole alle Ong. E’ sempre più evidente l’obiettivo di alimentare il caos da parte di un’opposizione asserragliata nelle sue trincee ideologiche.